Ricordiamo che Benedetto XVI nella Messa conclusiva del Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione ha detto che “i veri protagonisti” dell’annuncio del Vangelo sono i santi, perché “parlano un linguaggio a tutti comprensibile con l’esempio della vita e con le opere della carità”. Quindi ha tracciato le tre linee pastorali emerse dal Sinodo: la rinascita della vita sacramentale, la missione presso quanti ancora non conoscono il messaggio di salvezza di Gesù e il rinnovato annuncio ai battezzati che si sono allontanati dalla fede. Per un bilancio del Sinodo Paolo Ondarza ha intervistato mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione.
R. – Penso che sia emerso in maniera molto netta, molto chiara, che la Chiesa intende intraprendere questo cammino di nuova evangelizzazione con molta determinazione, così come il Santo Padre ha chiesto.
D. – A questo punto come s’indirizzerà il lavoro del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione?
R. – Innanzitutto, dovremmo essere capaci di fare una seria e profonda analisi di tutto ciò che è emerso, e anche di ciò che nel Sinodo non è emerso. Il fatto che il Papa adesso abbia annunciato che la catechesi diventa competenza del Pontificio Consiglio, significa che non solo aumenta la nostra responsabilità, ma soprattutto qualifica maggiormente la nuova evangelizzazione, e consente di verificare un legame sempre più profondo tra l’evangelizzazione e la catechesi.
D. – Il Papa ha esortato a portare Cristo nei deserti della nostra contemporaneità. Il Sinodo ha utilizzato l’immagine della samaritana al pozzo con un’anfora vuota. Quali sono le anfore vuote dei nostri tempi?
R. – Direi che ne sono emerse tante nel dibattito sinodale. Penso in modo particolare a ciò che avviene all’interno di alcune fasce del mondo giovanile, dove l’alcolismo, la droga, la depressione mietono tante vittime; penso al grande tema della disoccupazione, quindi del disagio giovanile. Penso anche a tendenze che crescono sempre di più e che non portano a quella prospettiva importante che è la centralità della famiglia nella società e per la vita delle persone. È interessante che nella scena narrata nel Vangelo di Giovanni è Gesù che si rivolge alla samaritana, non aspetta che gli altri si rivolgano a lui. Io penso che adesso sia la Chiesa ad essere chiamata a interpellare il suo contemporaneo per chiedergli se veramente si sente bene in questa situazione di deserto, e per offrigli quell’acqua, bevendo la quale non si avrà più sete.
D. – La nuova evangelizzazione è concepita come principalmente rivolta ai Paesi di tradizione cristiana. Ma qui al Sinodo abbiamo ascoltato testimonianze provenienti da più parti del mondo…
R. – In un periodo di globalizzazione come quello che noi viviamo, risulta veramente difficile dover constatare chi ha più bisogno di nuova evangelizzazione. Certamente, l’Occidente ha un’urgenza di nuova evangelizzazione perché il dominio del secolarismo ha determinato quella dimensione di un deserto e di un’eclissi del senso di Dio che sono veramente drammatiche. Però, è ovvio che nella trasmissione della fede, le giovani Chiese ci danno l’entusiasmo: solo in Africa ci sono più di 270 mila catechisti!
D. – Il Sinodo è stato anche l’occasione per fare un esame di coscienza. Parte anche da questo la nuova evangelizzazione?
R. – La nuova evangelizzazione come tale è un serio esame di coscienza. Certamente se siamo arrivati ad una situazione di crisi di fede come quella che noi constatiamo, significa che nel passato probabilmente diverse cose non hanno funzionato.
D. – L’Anno della Fede che è appena iniziato sarà anche un terreno di verifica. Rafforzerà questo impegno?
R. – Necessariamente, perché la fede spesso stanca, a volte pigra, possa ravvivarsi e recuperare pienamente quell’ardore, quell’audacia di cui ha fortemente bisogno.
Fonte, www.news.va; Radio Vaticana. Servizio a cura di Salvatore Pignata.