Un augurio speciale a Sua Eccellenza Reverendissima Renato Tarantelli Baccari oggi Vescovo Titolare di Campli, Ausiliare e Vice Gerente della Diocesi di Roma! È stata una grande gioia ed emozione vivere il rito di ordinazione episcopale di don Renato, sabato 4 gennaio 2024, presso l’ArciBasilica Papale di S. Giovanni in Laterano, nella Santa Messa presieduta dal Vicario Generale della Diocesi di Roma Sua Eccellenza Baldassarre Reina, con la partecipazione straordinaria del Santo Padre Francesco, con consacranti Sua Eminenza Reverendissima Cardinale Christoph Schonborn, O.P, Arcivescovo Metropolita di Vienna, Ordinario per i fedeli di rito bizantino residenti in Austria e Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Michele Di Tolve Vescovo Ausiliare di Roma, con accanto tanti sacerdoti.
Gremita l’ArciBasilica Lateranense che si è stretta attorno a don Renato e alla sua bella famiglia per questo importante traguardo e inizio di un nuovo cammino, a soli sei anni dalla sua ordinazione sacerdotale. Affidando il suo Ministero episcopale a Maria, siamo certi che con la sua semplicità, determinazione, competenza, capacità rara di organizzazione e di non risparmiarsi, amore in Cristo, sarà una guida sicura per la Diocesi di Roma. Accanto a lui mons. Mario Mesolella.
Abbiamo conosciuto don Renato, in un periodo bello e intenso, trascorso insieme, presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore con il Serra Club di Roma a sostegno delle Vocazioni sacerdotali, allora presieduto da mia mamma Prof.ssa Rosa Santi. Don Renato era un seminarista, una vocazione adulta, accanto al già Rettore mons. Concetto Occhipinti. Ricordiamo con affetto le capacità manageriali donate al Seminario, a tutti e a tutto ciò che necessitasse un positivo e qualificato spirito di iniziativa. Una bella storia vocazionale di un uomo, un avvocato affermato, che ha lasciato ogni cosa per il Signore e che sul cammino di Santiago ha risposto inaspettatamente, e non con poche difficoltà, ma con grinta “Eccomi!”, diventando sacerdote a 42 anni!
Un ricordo commosso degli eventi organizzati insieme per il Serra Club di Roma e per il cinquantennale del Club, proprio nello stesso anno in cui Papa Francesco ha canonizzato San Junipero Serra, ispiratore del movimento serrano. Indimenticabile il musical curato da mons. Mario Mesolella e realizzato dai seminaristi.
Un’occasione speciale anche per la Fondazione Culturale “Paolo di Tarso” che proprio nel Capitolo Lateranense dell’ArciBasilica Papale di S. Giovanni in Laterano ha, ad esempio, digitalizzato e preservato i manoscritti musicali di Pierluigi da Palestrina e di tanti autori importanti per la nostra storia. Una testimonianza delle abilità della Fondazione “Paolo di Tarso” e del suo Responsabile dell’Area Progetti e Direttore del Centro di Alta Competenza Connessioni dott. Fabio Gallo, insieme alla coordinatrice dott.ssa Eleonora Cafiero, che si rinnova a disposizione della Diocesi di Roma. Ricordiamo che la Fondazione “Paolo di Tarso” è un Istituto Culturale Italiano, proprietaria dei musei digitali italiani, i primi riconosciuti dal Ministero per i Beni Culturali, www.calabriaexcelsa.it e www.italiaexcelsa.it.
La Fondazione “Paolo di Tarso”, costituita nel 2003, molto ha fatto per Roma, dove ha la sua sede legale, presso la Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma – Chiesa dello Stato, proprio su autorizzazione del Vicariato di Roma. Un esempio della sua competenza e tempestività è quando, ad esempio, crollò il soffitto della Basilica di S. Giuseppe dei Falegnami, dove è stato possibile ricostruirlo, grazie all’attività di digitalizzazione della stessa Fondazione, unica in quanto standard. Una preghiera per don Renato da parte della Fondazione “Paolo di Tarso”, con l’auspicio di lavorare bene e serenamente insieme, in modo indefesso, a favore del bello e del buono per cui ci prodighiamo tanto e che don Renato porterà certamente con sé.
Viviana Normando, Presidente Fondazione “Paolo di Tarso”
L’Omelia del Vicario Generale della Diocesi di Roma S. Ecc. Baldassarre Reina per l’ordinazione episcopale di S. Ecc. Renato Tarantelli.
“Mentre siamo ancora avvolti dalla luce del Santo Natale e dalla gioia per l’inizio del Giubileo della Speranza – ha dichiarato S. Ecc. Baldassarre Reina – ci raduniamo oggi, come Popolo di Dio in cammino, per rendere grazie al Signore che, nella sua infinita provvidenza, continua a donare alla Sua Chiesa pastori secondo il suo cuore, chiamati a guidarla con saggezza, amore e spirito di sacrificio. La presenza del nostro Vescovo, il Santo Padre Francesco, rafforza i vincoli di comunione tra di noi. Lo ringraziamo per quanto realizza ogni giorno a favore della Chiesa universale a partire da questa porzione di Chiesa che presiede nella comunione e nella carità e ci impegniamo a sostenerlo costantemente con la nostra preghiera.
Alla luce del Vangelo appena ascoltato vorrei soffermarmi su tre azioni che mi sembrano delineare in maniera chiara l’identità di ogni chiamato, la vocazione dei pastori e, in particolare per noi oggi, la missione affidata a don Renato.
La prima azione che desidero sottolineare è quella di “Indicare”. Siamo nello spazio della prima testimonianza missionaria. Giovanni segna il tempo di un’attesa del Messia che richiede una preparazione rigorosa. Lui nella sua inflessibilità è un esempio. La sua voce si alza nel deserto che non è solo il luogo geografico che abita, ma è la condizione che nell’esperienza del popolo di Israele è la cornice della sete di Dio e del suo incontro. Chi lo segue è attratto dalla sua testimonianza: egli si è liberato da ogni orpello, vive sopravvivendo, cercando l’essenziale. Una sola cosa gli mancava ed era capire che non sarebbe stato lui a far fiorire il deserto, che non sarebbe stata sua la potenza di far scaturire acqua dalle rocce, che non sarebbe stato lui a salvare questo popolo di cui ha sorretto l’attesa. Il suo sguardo è limpido e riesce a vedere quello che altri non vedono, e spostare da sé lo sguardo di chi lo segue. Ed ecco compiere quella che diventa l’azione esemplare che contrassegna la missione: indicare la presenza di Gesù, intuendo anche il modo con il quale avrebbe realizzato la salvezza attesa: «ecco l’agnello di Dio». Il pastore è riconoscibile dal suo sguardo, e dalla sua capacità di farsi tramite, trasformando il proprio io in trasparenza di Cristo, facendo della sua persona un continuo rinvio a Chi veramente salva. Abbiamo bisogno di Pastori che non si sostituiscano al Maestro e che guidino servendo una Chiesa sacramento della relazione con Cristo. In questo senso, il pastore è chiamato a essere non solo una guida, ma anche un custode, capace di discernere e valorizzare i segni della presenza di Dio nel mondo, per condurre ogni uomo e donna a contemplare il volto misericordioso di Cristo. Solo così il ministero pastorale diventa riflesso autentico della missione stessa di Cristo, che è venuto per indicare la via al Padre e condurci alla vita eterna.
La seconda azione che emerge dal racconto evangelico è quella di “Seguire”. I discepoli di Giovanni Battista si presentano come pecore in cerca del vero Pastore. Rispondono all’invito del loro maestro e iniziano a seguire Gesù, senza sapere dove li condurrà o quale sia la sua dimora. La loro sequela è un atto di fiducia radicale, che li porta a compiere rinunce significative: abbandonano il primo maestro, segno di tutti i legami umani e delle appartenenze terrene che, in questo cammino di fede, rivelano il loro carattere provvisorio. Si spogliano di ogni sicurezza, rinunciando a muoversi entro confini familiari e rassicuranti, per aprirsi alla novità trasformante del cammino con il Signore. Seguire Cristo implica una continua conversione, un dinamismo spirituale che ci rinnova profondamente. È un percorso di liberazione e trasfigurazione, come insegna san Paolo: “Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). In questo, il vescovo è chiamato ad essere il primo testimone, un esempio vivente che rende plausibile questa verità. Egli cammina con il suo popolo, ma sempre con lo sguardo rivolto al Maestro, in costante ascolto della sua voce e dei suoi segni. Come ci ricorda spesso il nostro Vescovo, la sequela cristiana è intrinsecamente dinamica: la fede non può essere statica, essa è “un cammino che si deve compiere, e non si può pensare di viverla stando fermi. Quando la fede si ferma, si corrompe. La Chiesa ha bisogno di pastori che siano pellegrini instancabili, con l’orecchio teso verso la Parola di Dio e il cuore aperto per comprendere dove il Signore vuole condurli e, con loro, l’intero gregge affidato alla loro cura”.
La terza azione che il Vangelo ci invita a contemplare è “Rimanere”, che non sta a indicare qualcosa di statico che contraddirebbe quanto abbiamo compreso prima. Questo verbo molto importante nel contesto del Vangelo di Giovanni, indica la maturazione del rapporto e la profondità della relazione. ‘Rimanere’ significa radicarsi nella Parola, assimilare i passi di Gesù e trovare in Lui la dimora del cuore, in cui il credente può sperimentare la pienezza della grazia e la certezza del perdono. Il pastore diventa l’indicazione permanente del dov’è Dio, del dove trovare la sua pace, la sua grazia, il suo perdono. E così torniamo alla prima azione, alla sua forma che tanto ha ispirato gli artisti che hanno dipinto la figura di Giovanni il Battista, col braccio teso e l’indice puntato, come a dire non sono io il luogo, non siamo noi pastori i salvatori, ma possiamo aiutarvi a trovarlo, a riconoscere Chi vi potrà condurre, seguendolo. ‘Rimanere’ in Cristo non è un atto passivo, ma una continua conformazione al Suo amore e alla Sua volontà. Come il tralcio che rimane nella vite per portare frutto (Gv 15,4-5), così il Pastore è chiamato a rimanere nella comunione con Dio attraverso una vita di preghiera incessante, di ascolto della Parola e di dedizione al ministero. Questo ‘rimanere’ genera una fecondità spirituale che si manifesta non solo nel proprio cammino di santità, ma anche nella capacità di guidare il gregge verso la pienezza della vita divina. In un mondo segnato dalla frammentazione e dall’incertezza, il pastore che rimane in Dio diventa un punto di riferimento stabile, una luce che orienta il cammino dei fedeli verso il Regno di Dio. È un testimone credibile della misericordia divina e un annunciatore instancabile della speranza cristiana. Così, ‘rimanere’ non è semplicemente un verbo, ma un invito a una relazione profonda e trasformante, che non solo edifica il pastore, ma dona vita e nutrimento a tutta la comunità ecclesiale.
Carissimi fratelli e sorelle, nel mistero che oggi celebriamo si riflette la bellezza della Chiesa, Popolo di Dio e Corpo di Cristo, chiamata a vivere nell’unità della fede, sotto la guida dei suoi pastori, per testimoniare al mondo la luce del Vangelo. Le azioni che abbiamo contemplato – indicare, seguire e rimanere – costituiscono il dinamismo della vita cristiana, che ciascuno di noi è chiamato a vivere nella propria vocazione. Nel ministero episcopale, che oggi, attraverso l’ordinazione, affidiamo al nostro fratello Renato, queste azioni si intrecciano e si perfezionano. L’episcopato, come ci insegna la tradizione apostolica, non è un onore, ma un servizio: quello di essere trasparenza di Cristo donando a Lui e al Suo corpo mistico tutta la vita.
Preghiamo dunque il Signore, perché il nuovo vescovo sia capace di indicare il Maestro, di seguirlo con fedeltà e di rimanere in Lui. Che, sostenuto dall’intercessione della Vergine Maria, egli sappia guidare il popolo di Dio verso le sorgenti della vita eterna, affinché la Chiesa, peregrinante nel tempo, si riveli sempre più come sacramento universale di salvezza e testimonianza viva dell’amore del Padre. Amen”.
Fonte Diocesi di Roma.it
Il ringraziamento di Sua Eccellenza Renato Tarantelli Baccari a Sua Santità
Ecco le parole di Sua Eccellenza Renato Tarantelli a Papa Francesco: “Ho scelto – ha dichiarato commosso al termine della cerimonia della sua ordinazione episcopale Sua Eccellenza Renato Tarantelli Baccari – il mio motto episcopale “Semper Orare et non decidere” anche ricordandomi degli indimenticabili colloqui che Lei mi ha donato. Pregare sempre, non stancarsi mai, perdonare sempre, andare avanti con coraggio e non perdere il sorriso e soprattutto non perdere mai l’umorismo. Questi sono i tratti di ogni pellegrino di Speranza ma anche di ogni Pastore e forse sono gli antidoti migliori anche contro le insidie del demonio. Ed è come vorrei vivere il Ministero appena ricevuto: pregare sempre, non stancarsi mai, perdonare sempre, andare avanti con coraggio, non perdere il sorriso e l’umorismo. Ringrazio tutti voi che siete venuti qui per pregare e per gioire insieme! Grazie, grazie, grazie”.