di Fabio Gallo – Direttore Editoriale/
Il rischio è l’assuefazione alle parole del Santo Padre che spesso impattano sul muro della nostra vergogna. Un muro che manifesta i sentimenti della nostra impotenza: vorremmo fare qualcosa ma non sappiamo cosa, tutto sembra impossibile o ci appare scontato, inutile, inefficace. Tutto sembra essere un grande albero senza più radice e noi siamo consapevoli del fatto che i suoi frutti non ci nutrono, non sono sufficienti alla nostra sopravvivenza. Ci stiamo rendendo conto che non si vive di solo pane perché anche avendolo iniziamo ad avvertire uno strano senso di vuoto nello stomaco che non si riempie ingerendo cibo.
Un miliardo di Esseri Umani che non mangiano – ha recentemente osservato Papa Francesco – sono una “Vergogna”. Considerazioni quotidiane, quelle di Francesco, che sono come mattoni che accrescono il muro della nostra vergogna non più valicabile perché troppo alto, troppo spesso. Ormai abbiamo perso la misura della sua altezza e del suo spessore e per questo ci limitiamo a scrivervi sopra qualche nostra azione superficiale, impulsiva, per poi cancellarla e tentare di scrivervi qualcosa di più sensato e più incisivo, dimenticando completamente tutto ciò che di noi esseri umani c’è oltre il muro: il nostro muro.
Siamo sette miliardi di abitanti e uno su sette non ha cibo. Per fortuna sul nostro muro c’è scritto che non siamo noi e poiché la vita è già pesante non vediamo cosa possiamo fare noi per la fame nel mondo. Dare un’offerta per sentirci a posto con la coscienza? Un euro è sufficiente o forse lo sono 10 nelle mani del poverello per farci sentire a posto, per avere la sensazione di avere cambiato qualcosa? neanche la nostra buona volontà è più sufficiente a farci sentire a posto. Allora significa che iniziamo ad avvertire l’esigenza di andare oltre quel muro, il nostro spesso muro, per riprenderci la verità di questo mondo che giustifica ogni cosa e che santifica ogni piccolo gesto.
La Siria, le guerre, il terzo mondo sempre più allargato e meno circoscritto, le nuove povertà e coloro che le mettono in mostra per farsi santi da soli. Dall’altra parte la società dell’informazione che della povertà ne parla, ne parla, ne parla, fino a farla diventare una star della televisione, una stella da ammirare e lasciare li, nel firmamento delle cose immutabili, indispensabili per avere ascolto. Si, è lei, la fame, così celebrata tra musica e festini colorati, con i concerti di musica lirica, pop, rock, non più vera e drammatica ma romantica come fame da consumarsi a lume di candela, magari in compagnia, magari in un luogo sacro ove ci si ritrova per darsi tanti auguri di chissà che e tra noi tutti imperfetti per celebrare a vista di tutti, la fame.
Poi c’è la TV del dolore, quella si che funziona e li si collocano molto bene le parole del nostro Papa già santo perché ha capito tutto già da un bel pezzo. E ancora guerre e brutte notizie da centellinare nei TG per tenere alto l’ascolto. La fame, l’agonia, la morte vissuta su questi bambini è spettacolarizzata dai media il cui potere di annullare ogni cosa importante prevale sull’intenzione di fare onesta informazione. Eccoci tutti assuefatti al dolore degli altri che ci meraviglia ma non ci scalfisce. Siamo assuefatti, indifferenti, siamo già morti.
E così anche la morte di migliaia e migliaia di bambini ogni giorno scivola sulle nostre coscienze vittime la seconda volta di una overdose d’informazione recitata alla perfezione da tutti, tutti uguali, tutti abbastanza moderati da fare a meno di mostrare la realtà così com’è. Per questo la guerra finisce per fare solo la “bua” agli innocenti e i Vescovi rimangono da soli con il dolore dei popoli che vengono annientati e le loro urla di strazio arrivano come armoniose ed educate richieste di attenzione. Quale? Quale attenzione? A cosa serve ormai la nostra attenzione?
Ecco che in questo scenario dove la censura delle vere immagini e dei contenuti relativi ai cambiamenti in atto nel mondo sono l’educazione, anzi, la maleducazione che stiamo ricevendo, prende vita la fase di ascolto delle parole di Papa Francesco che impattano, dentro di noi, sul muro duro e spesso di una informazione destinata a fare spettacolo.
Cosa fare? Silenzio! Facciamo silenzio! Ascoltiamo per qualche giorno le nostre coscienze meditando qualche parola di Papa Francesco per attraversare insieme a lui l’invalicabile muro della nostra vergogna per riprendere, dall’altra parte, l’amore perduto: “l’Amor che muove il Sole e l’altre Stelle”.
Solo così potremo sentirci vivi per davvero senza avere l’impressione di esserlo.
Aggiunto l’8 Gennaio 2014/
A proposito, è Natale anche per questo Bambino. Dopo avere guardato come lo ha ridotto questa la nostra umanità corrotta fino alle viscere, guardatelo negli occhi. Non crediamo, potenzialmente, di essere diversi da coloro i quali hanno fatto tutto questo. Siamo tutti uguali ma facciamo male e uccidiamo in modo diverso: chi con una bomba, chi con la penna, chi con la lingua, chi con la calunnia, chi con l’indifferenza, chi con un Tribunale, chi i ponendo la propria ignoranza.
Preghiamo ma, per la Carità di Dio Padre, preghiamo anche in queste Chiese di carne mutilate per sempre e nelle Chiese di carne di chi soffre accanto a noi in silenzio e con dignità. Iniziamo, come suggerisce Papa Francesco dalla nostra famiglia la nostra piccola rivoluzione interiore proponendoci di operare per la Pace, anzi, di comprometterci, se necessario, per la Pace.