Il Vaticanese

Papa Francesco:«Il provvisorio è pericoloso ci bastona tutti»

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Papa Francesco

Città del Vaticano, 6 luglio 2013. “Siamo tutti sotto pressione per questa cultura del provvisorio”, Una logica che fa dire: ‘Io mi sposo finché dura l’amore”. Oppure: “sarò suora per un pochino”. Papa Francesco invita a non seguire la “cultura del provvisorio” ma quella della “scelta definitiva” parlando questo pomeriggio ai 6 mila seminaristi, novizi,  novizie e giovani in cammino vocazionale che ha incontrato  nell’Aula Paolo VI  giunti a Roma da 66 paesi del mondo in occasione dell’Anno della Fede. Nel salutare Papa Francesco, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, lo ha ringraziato per l’Enciclica sulla fede, “sostegno nel cammino quotidiano di fedeltà a Cristo” e per l’esperienza vissuta in questi giorni.

E’ un racconto, un dialogo da padre, un colloquio ricco di spunti quello che Papa Francesco regala ai seminaristi, ai novizi e novizie, ai giovani in cammino vocazionale, riuniti in una calorosa Aula Paolo VI. Nella sua riflessione, Papa Francesco offre ai giovani presenti i doni del sì, del per sempre, mettendoli in guardia da un pericolo costante ovvero la cultura del provvisorio:

“Oggi siete in festa , ha esordito Papa Francesco,perché vivete un tempo di nozze, applaudite, fate festa. Ma quando finisce la luna di miele che succede?”. Parlando spesso a braccio, il Pontefice ha citato “un seminarista bravo che gli aveva confidato di voler servire Cristo per 10 anni e poi ricominciare”. “Questo, ha affermato – è pericoloso”.

“Io non vi rimprovero, rimprovero questa cultura del provvisorio, che ci bastona tutti, perché non ci fa bene: perché una scelta definitiva oggi è molto difficile. Ai miei tempi era più facile, perché la cultura favoriva una scelta definitiva sia per la vita matrimoniale, sia per la vita consacrata o la vita sacerdotale. Ma in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio“.

La chiamata, aggiunge il Pontefice, è prima di tutto una gioia che nasce non dal possedere l’ultimo smartphone, lo scooter più in veloce, l’auto all’ultima moda:
“Ma io vi dico, davvero, a me fa male quando vedo un prete o una suora con la macchina ultimo modello: ma non si può! Non si può! Io credo che la macchina sia necessaria perché si deve fare tanto lavoro e per spostarsi di qua… ma prendete una più umile, eh? E se ti piace quella bella, pensate a quanti bambini muoiono di fame. Soltanto quello!” Scherzando, Papa Bergoglio ha poi aggiunto: “Voi ora pensate questo, ‘adesso padre dobbiamo andare con la bicicletta?’ Ma la bicicletta è buona, mons. Alfred va con la bicicletta”, ha detto accennando al suo segretario particolare, mons. Alfred Xuereb.
La gioia dunque nasce da qualcosa di diverso da queste realtà “con cui, sottolinea Papa Francesco,  vi trovate in contatto e che non potete ignorare”:

“E’ il sentirsi dire: “Tu sei importante per me”, non necessariamente a parole. Ed è proprio questo che Dio ci fa capire. Nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi non siamo numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama. Diventare sacerdote, religioso, religiosa non è primariamente una scelta nostra, ma la risposta ad una chiamata e ad una chiamata di amore“.

Gioia che è soprattutto contagiosa perché “non può esserci santità nella tristezza” e poi l’indicazione forte ai giovani sul voto di castità, “una strada che matura nella paternità e nella maternità pastorale”: per favore, non siate zitelle e zitelli”.

“Voi, seminaristi, suore, consacrate il vostro amore a Gesù, un amore grande; il cuore è per Gesù e questo ci porta a fare il voto di castità, il voto di celibato. Ma il voto di castità e il voto di celibato non finisce nel momento del voto, va avanti…Un prete non è padre della sua comunità, quando una suora non è madre di tutti quelli con i quali lavora, diventa triste. Quello è il problema. Perché questo io dico voi: la radice proprio della tristezza nella vita pastorale è nella mancanza di paternità e maternità che viene dal vivere male questa consacrazione, che ci deve portare alla fecondità. Non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi: questo non è cattolico! Questo non è cattolico! Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…”! “Santa Teresa, ricorda Papa  Francesco, diceva che un santo triste e’ un triste santo. Mai suore e preti con la faccia da peperoncino in aceto”.

A questo iter tracciato, il Papa aggiunge un’altra parola chiave: l’autenticità che è naturale soprattutto per i giovani:
“… E a tutti voi vi fa schifo, quando trovate in noi preti che non sono autentici o suore che non sono autentiche!” 
Nella vita di un consacrato c’è prima di tutto la testimonianza del Vangelo e poi, come evidenziava san Francesco d’Assisi, anche le parole. Autenticità e trasparenza soprattutto nel colloquio con il proprio confessore, ricordarsi sempre di non aver paura di dirsi peccatori”, “dal proprio peccato, aggiunge, sovrabbonda la grazia”:

“Nella formazione vostra ci sono i quattro pilastri fondamentali: FORMAZIONE SPIRITUALE,ossia la vita spirituale; la VITA INTELLETTUALE, questo studiare per dar ragione; la VITA APOSTOLICA, incominciare ad andare ad annunciare il Vangelo; e, quarto, la VITA COMUNITARIA. Quattro! Su questi quattro dovete edificare la vostra vocazione.”

Ma attenzione, ribadisce Papa Francescoa volte nelle comunità si diffonde l’abitudine di parlar male, di chiacchierare alle spalle per gelosia, ambizioni o invidia. E’ comune, aggiunge il Papa, è un classico dire cose non positive sui propri superiori:
“Anche io sono caduto in quello. Tante volte l’ho fatto, tante volte! E mi vergogno! Mi vergogno di questo! Non sta bene farlo: andare a fare chiacchiere. “Hai sentito… Hai sentito… “.Se io ho qualcosa con una sorella o con un fratello, lo dico in faccia o lo dico a quello o a quella che può aiutare, ma non lo dico agli altri per “sporcarlo”. E le chiacchiere, è terribile!”

Infine i due suggerimenti forti: l’uscire da se stessi per incontrare Gesù nella preghiera e l’uscire per incontrare gli altri. “Io vorrei una Chiesa missionaria” soggiunge il Papa “non tanto tranquilla, quella bella Chiesa che va avanti”:
“Date il contributo per una Chiesa così: fedele alla strada che Gesù vuole. Non imparate da noi – da noi, eh – che non siamo più giovanissimi; non imparate da noi quello sport che noi, i vecchi, abbiamo spesso: lo sport del lamento! Non imparate da noi il culto della dea lamentela. E’ una dea quella… Sempre col lamento…. Ma siate positivi, coltivate la vita spirituale e, nello stesso tempo, andate, siate capaci di incontrare le persone, specialmente quelle più disprezzate e svantaggiate. Non abbiate paura di uscire e andare controcorrente. Siate contemplativi e missionari. Tenete sempre la Madonna con voi, ma pregate il Rosario, per favore… Non lasciatelo! Tenete sempre la Madonna con voi nella vostra casa, come la teneva l’apostolo Giovanni. Lei sempre vi accompagni e vi protegga. Anche pregate per me, perché anche io ho bisogno di preghiere, perché sono un povero peccatore.”

A chiusura dell’incontro, Papa Francesco ha invitato i presenti a recitare il Padre Nostro ognuno nella propria lingua, un unico respiro nella coralità delle voci della Chiesa universale.
Fonte: www.vatican.va

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