Papa Francesco: la nostra è vita cristiana di cosmetica e apparenza o di carità?

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Papa Francesco con i giovani che scattano un selfie

A cura de ILVATICANESE.IT e Radiovaticana.it/

Il Santo Padre ritorna sul punto della fede vissuta da molti come presenze estetica, esigenza di apparire. “E’ vero! – dice il Presidente della Fondazione Culturale “Paolo di Tarso” Luana Gallo alla quale abbiamo rivolto domanda sul tema. Quando la Fondazione si trova ad operare su progetti importanti dal profilo dei diritti umani – afferma il Presidente – ci troviamo sempre a dovere rispendere ad una domanda che rischia di inficiare i risultati dei progetti. La domanda è: Ci porterete anche dal Papa? Se pur bello come concetto è un esempio di come la fede sia vissuta con il risvolto dell’apparire, dell’essere gratificati direttamente dalla massima Autorità, dal Papa e, non dalle azioni, dalle attività vissute magari anche in periferia. E’ come se le cose si dovessero fare per avere un premio in termini estetici e non spirituali. Il Papa ha ragione è la radice dell’errata assimilazione della fede da parte di molti dovrebbe essere oggetto di riflessione sempre più accorta e profonda. Bisogna anche dire che la società dell’informazione e della Comunicazione sta facendo la sua parte peggiorando molto le cose e spostando l’essere cristiani dal cuore alla testa, permettendo così ai giovani una visione estetica e superficiale della nostra bella fede. Anche un semplice ‘selfie’ dovrebbe farci riflettere molto”.

PAPA FRANCESCO A SANTA MARTA IN VATICANO
La nostra è una “vita cristiana di cosmetica, di apparenza o è una vita cristiana con la fede operosa nella carità?”. La domanda è stata posta da Papa Francesco al termine dell’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta. La fede, ha affermato il Papa, “non è soltanto recitare il Credo”, ma chiede di staccarsi da avidità e cupidigia per saper donare agli altri, specie se poveri.

La fede non ha bisogno di apparire, ma di essere. Non ha bisogno di essere ammantata di cortesie, specie se ipocrite, quanto di un cuore capace di amare in modo genuino. Papa Francesco si rifà al Vangelo del giorno – quello del fariseo che si stupisce del Maestro che non compie le abluzioni prescritte prima di mangiare – per ripetere che Gesù “condanna” quel tipo di “sicurezza” tutta incentrata nel “compimento della legge”:

“Gesù condanna questa spiritualità della cosmetica, apparire buoni, belli, ma la verità di dentro è un’altra cosa! Gesù condanna le persone di buone maniere ma di cattive abitudini, quelle abitudini che non si vedono ma si fanno di nascosto. Ma l’apparenza è giusta: questa gente alla quale piaceva passeggiare nelle piazze, farsi vedere pregando, ‘truccarsi’ con un po’ di debolezza quando digiunava… Perché il Signore è così? Vedete che sono due gli aggettivi che usa qui, ma collegati: avidità e cattiveria”.

“Sepolcri imbiancati” dirà di loro Gesù nell’analogo passo del Vangelo di Matteo, calcando su certi atteggiamenti, da Lui definiti con durezza come “immondizia”, putredine”. “Date piuttosto in elemosina tutto quello che avete dentro”, è la sua controproposta. “L’elemosina – ricorda il Papa – è sempre stata, nella tradizione della Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, una pietra di paragone della giustizia”. Anche Paolo, nella Lettura del giorno, discute con i Galati per lo stesso motivo, il loro attaccamento alla legge. E identico è anche l’esito perché, insiste Papa Francesco, “la legge da sola non salva”:

“Quello che vale è la fede. Quale fede? Quella che si ‘rende operosa per mezzo della carità’. Lo stesso discorso di Gesù al fariseo. Una fede che non è soltanto recitare il Credo: tutti noi crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, nella vita eterna…. Tutti crediamo! Ma questa è una fede immobile, non operosa. Quello che vale in Cristo Gesù è l’operosità che viene dalla fede o meglio la fede che si rende operosa nella carità, cioè torna all’elemosina. Elemosina nel senso più ampio della parola: staccarsi dalla dittatura del denaro, dall’idolatria dei soldi. Ogni cupidigia ci allontana da Gesù Cristo”.

Papa Francesco rievoca un episodio della vita di padre Arrupe, Preposito generale dei Gesuiti dagli anni Sessanta agli anni Ottanta. Un giorno, una ricca signora lo invita in un luogo per donargli del denaro per le missioni in Giappone, per le quali padre Arrupe stava impegnandosi. La consegna della busta avviene praticamente sulla porta e davanti a giornalisti e fotografi. Padre Arrupe raccontò di aver patito “una grande umiliazione”, ma di aver accettato il denaro “per i poveri del Giappone”. Quando l’aprì, c’erano dieci dollari”. Chiediamoci, conclude Papa Francesco, se la nostra è “una vita cristiana di cosmetica, di apparenza o è una vita cristiana con la fede operosa nella carità”:

“Gesù ci consiglia questo: ‘Non suonare la tromba’. Il secondo consiglio: ‘Non dare soltanto quello che avanza’. E ci parla di quella vecchietta che ha dato tutto quello che aveva per vivere. E loda quella donna per aver fatto questo. E lo ha fatto un po’ di nascosto, forse perché si vergognava di non poter dare di più”.

Fonte: www.radiovaticana.it

 

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