a cura della Redazione de ILVATICANESE.IT/
Chi ha bisogno senta “il calore della nostra presenza, della nostra amicizia e della nostra fraternità”. Lo scrive il Papa nella Bolla di indizione del prossimo Giubileo della Misericordia e le stesse parole Francesco le ripete nel messaggio inviato a Manuel Martín Sjöberg, presidente del “Servicio Sacerdotal de Urgencia”. Si tratta di un’esperienza nata nel 1952 in Argentina, nella città di Córdoba, allo scopo di assicurare ai fedeli i Sacramenti anche in orari in cui non è facile trovare un sacerdote, in particolare agli ammalati e ai moribondi. Sul valore delle opere di misericordia – oggi talvolta considerate anche nel mondo cristiano come una “vecchia” pratica di fede – Alessandro De Carolis ha chiesto una riflessione a mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma.
R. – È molto vero, sembra che le opere di misericordia siano accessorie, un qualcosa riservato solo a qualcuno degli “addetti ai lavori”, quelli però un po’ specialistici… Diciamo che il cristiano non può non essere uno “specialista” della misericordia: noi siamo e saremo giudicati sulla misericordia. Le opere di misericordia sono sostanzialmente quelle del Vangelo di Matteo, capitolo 25, in cui Gesù ci presenta come saremo giudicati. E invece, effettivamente, le prendiamo molto poco in considerazione, come se la misericordia fosse qualcosa che riguarda qualcuno nello specifico… E invece riguarda tutti. Non c’è Vangelo senza misericordia, il Vangelo è il frutto della misericordia di Dio verso di noi e troveremo misericordia se siamo misericordiosi. Cosa fare? Io credo che questo Anno Santo – questo Anno Giubilare – ci aiuterà tantissimo anche a capire come la misericordia ci faccia vivere bene. Le opere di misericordia non sono infatti una “tassa” da pagare: sono una liberazione, da noi stessi, dalle nostre paure, e ci permettono di incontrare il prossimo.
D. – Le opere di misericordia sono spesso, per così dire, un argomento quaresimale. Si può dire che il Giubileo, che si aprirà in dicembre, dilaterà in un certo senso questo orizzonte, a dire appunto che la misericordia non ha stagioni?
R. – Certamente. Ed è vero anche che per certi versi, purtroppo, l’itinerario quaresimale è visto come fosse un itinerario di penitenza da fare. Ma la penitenza è per ritrovare noi stessi, la penitenza è per star meglio! Al contrario, se noi non prendiamo la “medicina della misericordia” stiamo peggio: ci gonfiamo di noi stessi, siamo pieni di paure, di paranoie… Quando non c’è la misericordia, ci vengono dei pensieri o maturiamo delle pratiche che sono disumane, veramente disumane.
D. – Papa Francesco, nella Bolla di Indizione del Giubileo, accompagna questo invito a essere fraterni e solidali con un vocabolo: “calore”. Lo dice spesso: il cristiano deve far percepire agli altri il calore e la tenerezza di Dio… Qual è l’importanza del calore?
R. – È come se uno ti dicesse: “Ti voglio bene”, ma te lo comunica come fosse un ordine di servizio… È pensabile una misericordia senza calore? No! Perché? Perché il cuore è calore! Purtroppo molte volte, quando la misericordia diventa una cosa da funzionari – e poi non è più misericordia – pensiamo di essere a posto per aver compiuto qualche opera di misericordia. Ma se non c’è il cuore – e quindi il calore – non sapremo vedere chi ha fame e chi ha sete, chi è carcerato, chi è malato e chi è forestiero…
D. – Volevo chiederle un ricordo particolare di una sua esperienza come sacerdote, come vescovo, che le ha toccato il cuore “vivendo” le pratiche di misericordia…
R. – Quando, per grazia del Signore, ho vissuto questa via della misericordia, ho trovato il mio cuore: guardando e facendo propria la miseria del cuore degli altri, si trova anche il nostro. Pensiamo alla visita ai malati. La commozione, l’affetto e l’amore che trovo nelle persone anziane – purtroppo troppo poco, dovrei andarci molto di più – ma ogni tanto, quando riesco ad andare, mi rendo conto che sono loro la vera ricompensa. Lì capisco l’importanza della misericordia e come questa dia vita e la faccia ritrovare. Gli anziani nella visita ritrovano forza, sentono quel calore che fa vivere e fa sentire amata, rivestita di tenerezza e di protezione, la propria vita. Ecco, io credo che il sorriso, il calore, gli occhi soltanto degli anziani che ti guardano, tutto valga più di qualunque altra cosa e faccia capire come, se diamo misericordia, la troveremo a nostra volta.
Fonte News.va