di Fabio Gallo – direttore editoriale/
Prima di tutto dovremmo cercare l’Amore nel nostro Cuore che a volte è così distante dalle nostre azioni quotidiane da rappresentare il luogo più lontano per molti di noi. Una riflessione sull’Amore di Dio, sul vero Amore, quella dote innata che l’Essere Umano ha in se, è quantomai opportuna per indicarci la via attraverso la quale possiamo comprendere e definire questo grande sentimento che è l’Amore ed il suo straordinario potere nel cambiare tutto quanto è da cambiare dentro di noi e intorno a noi per dipingere, anche del nostro contributo, questa esistenza e dare ad essa un senso compiuto. Ecco, forse l’Amore rende vera la nostra esistenza e la rende miracolosa. Ma come vivere l’Amore?
L’Amore, probabilmente, è il più grande tra i misteri della nostra esistenza. Quante cose si fanno per “Amore”. L’Amore di una madre, di un padre, l’amore di un figlio, di un fratello o l’amore delle persone che abbiamo accanto e non sempre sappiamo ricambiare. Poi c’é l’amore di chi ci ama istante per istante, quotidianamente, sempre pronto a comprenderci, a procurarci quell’appuntamento costruttivo che è il dialogo con la nostra coscienza che sempre ci dice la verità, anche se non sempre è quella che vorremmo sentire. Vedo l’Amore come un viottolo in salita tra le montagne dove ad ogni picco raggiunto con grande fatica e attenzione, corrisponde una meta e una visuale maestosa e consolante sull’infinito delle cose che abbiamo conquistato e che ci sono state date da chi, a partire dai nostri genitori, ci ha fatto dono della vita. Cosa c’è di più grande che amare? ma come amare grandemente? E come farlo in una vita che sembra scorrere su di noi come un fiume impetuoso, inarrestabile, che non offre a tanti un attimo di pace? Mi consola il fatto che un uomo, una persona come tutti noi, Francesco di Assisi, si poneva alla ricerca di questa grande verità non nei luoghi dove tutto è silenzio ma impetuoso. Francesco riposava, quando poteva, accanto al fiume che scorreva impetuoso, inarrestabile. E proprio li, su quello stare scomodi e poco agiati, ha scoperto il vero Amore: quello fraterno che può essere eterno.
Ma questo, cari amici, è solo l’amore dal mio punto di vista. Poi c’è l’Amore di Dio e per questo, per comprenderne la forza tutta in noi, c’è il nostro Vescovo. Ascoltiamolo ma soprattutto cerchiamo di fare quanto ci suggerisce perché anche noi possiamo essere come lui Apostoli dell’Amore di Gesù Cristo, il Redentore dei nostri cuori, il Principe di tutte le battaglie contro il male che, anche tra i rumori delle bombe delle mille guerre e delle peggiori ingiustizie ci mostra, come a Francesco di Assisi, l’Amore. Buona lettura.
PAPA BERGOGLIO: L’AMORE CRISTIANO
L’amore cristiano “non è l’amore delle telenovele”, è “concreto”, è “più nelle opere che nelle parole”, è “più nel dare che nel ricevere”, è dare “se stesso a Dio e agli altri”. Lo ha evidenziato questa mattina papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata a Casa santa Marta.
Il Papa, riferisce la Radio Vaticana, è partito nella sua riflessione dalle parole della prima Lettera di Giovanni, in cui l’Apostolo insiste nel ripetere: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi”. L’esperienza della fede, ha commentato il Papa, sta proprio in questo “doppio rimanere”. “Noi in Dio e Dio in noi: questa è la vita cristiana. Non rimanere nello spirito del mondo, non rimanere nella superficialità, non rimanere nella idolatria, non rimanere nella vanità. No, no: rimanere nel Signore. E Lui contraccambia questo: Lui rimane in noi. Ma, primo, rimane Lui in noi. Tante volte lo cacciamo via e noi non possiamo rimanere in Lui. E’ lo Spirito quello che rimane”.
Ma “rimanere nell’amore” di Dio non è tanto un’estasi del cuore, una cosa bella da sentire. “Guardate che l’amore di cui parla Giovanni non è l’amore delle telenovele! No, è un’altra cosa. L’amore cristiano ha sempre una qualità: la concretezza. L’amore cristiano è concreto. Lo stesso Gesù, quando parla dell’amore, ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati e tante cose concrete. L’amore è concreto. La concretezza cristiana. E quando non c’è questa concretezza, si può vivere un cristianesimo di illusioni, perché non si capisce bene dove è il centro del messaggio di Gesù. Non arriva questo amore ad essere concreto: è un amore di illusioni, come queste illusioni che avevano i discepoli quando, guardando Gesù, credevano che fosse un fantasma”.
Il “fantasma” è quello che appunto – nell’episodio del Vangelo di oggi – i discepoli scorgono meravigliati e timorosi venire verso di loro camminando sul mare. Ma il loro stupore nasce da una durezza di cuore, perché, dice ancora il Vangelo, “non avevano compreso” la moltiplicazione dei pani avvenuta poco prima. “Se tu hai il cuore indurito tu non puoi amare e pensi che l’amore sia quello di figurarsi cose. No, l’amore è concreto”.
E questa concretezza si fonda su due criteri. “Primo criterio: amare con le opere, non con le parole. Le parole le porta via il vento! Oggi sono, domani non sono. Secondo criterio di concretezza è: nell’amore è più importante dare che ricevere. Quello che ama dà, dà … Dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio e agli altri. Invece chi non ama, chi è egoista, sempre cerca di ricevere, sempre cerca di avere cose, avere vantaggi. Rimanere col cuore aperto, non come era quello dei discepoli, che era chiuso, che non capivano niente: rimanere in Dio e Dio rimane in noi; rimanere nell’amore”.