Piazza San Pietro per un giorno è casa di quelli che non cambiano marciapiede perché più avanti al varco c’è l’immigrato col bicchiere di monetine in mano o la nomade con lo sguardo implorante e il bimbo seminudo in braccio o l’irriducibile richiesta di elemosina del “barbone” che importuna chiunque. Piazza San Pietro per un giorno è degli esseri umani in senso proprio, quelli che hanno il cuore che batte non solo per mandare avanti sé stessi ma per anche aiutare, gratis, chi da solo resterebbe indietro.
Il Papa abbraccia con affetto e riconoscenza i volontari delle cento sigle e cento mondi che si stendono tra le due braccia del Colonnato – persone giunte da Hong Kong alle due Americhe, dall’Indonesia fino al Canada, alcuni con la tuta appena lavata dalle macerie del terremoto in centro Italia. “Artigiani della misericordia”, li chiama, che stanno al Giubileo di quest’anno come un diamante che rifrange in tanti modi e rende visibile con tante sensibilità la luce di una “certezza incrollabile”:
“L’amore di Dio non verrà mai meno nella nostra vita e nella storia del mondo. E’ un amore che rimane sempre giovane, attivo, dinamico e attrae a sé in maniera incomparabile. E’ un amore fedele che non tradisce, nonostante le nostre contraddizioni. E’ un amore fecondo che genera e va oltre ogni nostra pigrizia”.
Il cristiano non “passa oltre”
Niente paura, dunque. Né vergogne o calcoli come quelli del levita e del sacerdote nella parabola del buon samaritano che cambiano lato della strada per evitare il minimo contatto col dramma di quel “mezzo morto” a terra davanti a loro:
“Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia. E questo voltarsi dall’altra parte per non vedere: la fame, le malattie, le persone sfruttate… Questo è un peccato grave! Anche, è un peccato moderno, è un peccato di oggi! Noi cristiani non possiamo permetterci questo. Non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre” e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a Messa la domenica! No”.
Là dove c’è il male
Il volontario è abitante di un “gigantesco mondo” – come lo aveva definito presentandolo a Francesco mons. Fischella – che si è sentito “misericordiare” e ha deciso di fare altrettanto. Primo perché, rimarca il Papa, il “Calvario è sempre attuale” e non “un bel dipinto nelle nostre chiese”. E soprattutto perché ha scoperto e capito che l’amore di Dio “non è qualcosa di astratto e di vago”:
“Non mi stancherò mai di dire che la misericordia di Dio non è una bella idea, ma un’azione concreta: non c’è misericordia senza concretezza; la misericordia non è un fare il bene di passaggio. E’ coinvolgersi lì dove c’è il male, dove c’è la malattia, dove c’è la fame, dove ci sono tanti sfruttamenti umani. e Anche la misericordia umana non diventa tale – cioè, umana – è misericordia, fino a quando non ha raggiunto la sua concretezza nell’agire quotidiano”.
La mano tesa di Cristo
Prima di parlare, Papa Francesco aveva ascoltato la storia agghiacciante e straordinaria di un ex bancario italiano falsamente accusato di estorsione, spaccio, usura, finito nell’incubo del carcere accanto a veri boss della mala e risorto grazie alla decisione di dedicare il suo tempo al sostegno dei detenuti. E anche la storia di una suora Missionaria della carità, figlia di Madre Teresa, gigante della misericordia alla vigilia della Canonizzazione:
“Voi siete artigiani di misericordia: con le vostre mani, con i vostri occhi, con il vostro ascolto, con la vostra vicinanza, con le vostre carezze… Artigiani… Voi esprimete il desiderio tra i più belli nel cuore dell’uomo, quello di far sentire amata una persona che soffre. Nelle diverse condizioni del bisogno e delle necessità di tante persone, la vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti. Voi siete la mano tesa di Cristo: avete pensato questo?”.
La solidarietà è concreta
La “credibilità della Chiesa – insiste Francesco – passa in maniera convincente anche attraverso il vostro servizio verso i bambini abbandonati, gli ammalati, i poveri senza cibo e lavoro, gli anziani, i senzatetto, i prigionieri, i profughi e gli immigrati, quanti sono colpiti dalle calamità naturali…”. Voi, afferma, “toccate la carne di Cristo con le vostre mani”:
“Siate sempre pronti nella solidarietà, forti nella vicinanza, solerti nel suscitare la gioia e convincenti nella consolazione. Il mondo ha bisogno di segni concreti, di segni concreti di solidarietà, soprattutto davanti alla tentazione dell’indifferenza, e richiede persone capaci di contrastare con la loro vita l’individualismo, il pensare solo a sé stessi e disinteressarsi dei fratelli nel bisogno”.
“A me non tocca, a me non importa”
Il pensiero che conclude è fatto in silenzio. Francesco invita la piazza a pregare per “gli scartati della società” e per chi li aiuta. E anche per chi vede la miseria e gira le spalle perché dentro ha un’altra voce che continua a dirgli: “A me non tocca, a me non importa”.
Fonte News.va servizio a cura di Alessandro De Carolis.