Odoardo Focherini Beato per avere salvato cento ebrei

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Sabato 15 giugno 2013 avviene la beatificazione di Odoardo Focherini che salvò dalla deportazione più di cento ebrei. Marito, padre di sette figli, assicuratore, giornalista e amministratore del giornale L’Avvenire d’Italia, salvò più di 100 ebrei dalla deportazione. Muore nel 1944, a soli 37 anni, nel campo di concentramento di Hersbruck, in Germania, ucciso in odio alla fede cattolica. Odoardo Focherini, che è stato anche presidente dell’Azione Cattolica di Carpi, verrà Beatificato sabato 15 giugno a Carpi in una celebrazione presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Una vita, quella di Focherini, spesa per amore a Dio e al prossimo. Presso la sede di Radio Vaticana è stata presentata la Beatificazione.
“Se tu avessi visto come io ho visto in questo carcere cosa fanno patire agli ebrei”, rimpiangeresti di non “averne salvati in numero maggiore”. Queste parole racchiudono il cuore di Odoardo Focherini, il primo italiano ad essere Beatificato per aver salvato gli ebrei dalla persecuzione nazista.

La vita

Nato a Carpi nel 1907, Focherini si impegna nell’Azione cattolica, sposa Maria Marchesi da cui ha sette figli e lavora come assicuratore. Collabora anche con L’Avvenire d’Italia e con L’Osservatore Romano. Una vita che prende una direzione inaspettata quando anche in Italia inizia la deportazione degli ebrei. Riesce a salvarne più di 100 ma nel marzo del 1944 viene arrestato e incarcerato a Bologna, poi viene portato nei campi di concentramento di Fossoli e Gries e alla fine deportato in Germania a Hersbruck, dove muore il 27 dicembre dello stesso anno. Nel suo cuore e nelle lettere che riuscirà a mandare sempre forte l’amore per i figli e la moglie e la grande sofferenza affrontata con fede.

Radio Vaticana ha intervistato uno dei suoi 15 nipoti, il giornalista Francesco Manicardi:
R. – Sicuramente la figura del nonno Odoardo Focherini, che ci è stata restituita soprattutto dalla memoria che sua moglie, Maria Marchesi, vedova per 45 anni, ci ha trasmesso – a noi e ai figli di Odoardo – è la figura di un uomo impegnato per il Vangelo a vivere il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”.
D. – Suo nonno ha salvato dalla deportazione più di 100 ebrei e per fare questo ha falsificato anche dei documenti…

R. – Sì. Odoardo Focherini nella rete logistica che lui e don Dante Sala, un sacerdote della diocesi di Carpi, avevano istituito insieme anche ad altri collaboratori, aveva il compito di preparare i documenti falsi che servivano agli ebrei nel viaggio che da Modena li portava all’espatrio in Svizzera, dove potevano trovare rifugio in sicurezza. Oltre 100 persone sono state salvate dalla rete di Focherini e di don Dante Sala. Ricordiamo anche persone normali come Silvio Borghi, che ha salvato e ha aiutato diversi ebrei nascondendoli in casa propria, in una stanza murata come Anna Frank, rischiando la vita propria e della famiglia come ha fatto Odoardo che ha ospitato per diversi giorni in casa, sia a Mirandola sia a Carpi, ebrei in attesa di espatrio.
D. – E’ per questo è stato mandato poi in campo di prigionia o anche per la sua attività a L’Avvenire di Italia?

R. – Odoardo Focherini era un personaggio di spicco del cattolicesimo del Nord Italia, in quanto giornalista prima e poi direttore amministrativo del giornale cattolico, il quotidiano bolognese L’Avvenire d’Italia. Attraverso l’amministrazione del giornale, Odoardo non dice ciò che le veline di regime impongono di dire: Odoardo Focherini arriva a sospendere la tiratura del giornale all’indomani dell’8 settembre, quando i nazifascisti occupanti a Bologna vogliono che il giornale esca. Odoardo Focherini, con vari escamotage – tra cui la beffa della carta – nasconde la carta da giornale del quotidiano e dice ai nazisti che non può uscire in stampa.

D. – Dalle lettere che inviò dalla sua prigionia alla moglie, traspare un grande amore per lei e per i suoi sette figli e anche una fede profonda. L’ha colpita vedere con quanta fede e con quanto abbandono alla Provvidenza Odoardo Focherini abbia sacrificato la propria vita per salvare vite umane e fondamentalmente per amore a Gesù Cristo?

R. – Sì, il nonno anche negli ultimi nove mesi di prigionia, in carcere, in campo di concentramento, ha avuto un’evoluzione spirituale eccezionale, che si può comprendere dal corpus di 166 lettere che ci ha lasciato. Inizialmente, conta davvero di ritornare a casa e cerca di rassicurare la moglie circa la sua salute e del fatto che tornerà presto a casa, perché non ci sono prove a suo carico. Poi, già dalla detenzione a Fossoli comprende che per lui non ci sarà ritorno. Allora compie quel passo difficile e lo fa compiere anche a Maria: entrare in questo disegno misterioso, in cui la Provvidenza chiede loro un amore ancora più forte, anche se da lontano. C’è un episodio commovente: scrive ai suoi figlioli una lettera su carta quadrettata con grafia infantile in cui crea per loro un indovinello, cercando di far indovinare loro la città in cui si trova. E’ un momento intimo che Odoardo – carcerato, in pigiama, sottoposto ad angherie, soprusi, privazione del sonno e del cibo – riesce a ricavarsi per creare un momento di intimità con i figli.

Medaglia d’oro al merito civile della Repubblica italiana, Odoardo Focherini è anche “Giusto tra le Nazioni” allo Yad Vashem di Gerusalemme. Ma per capire fino in fondo Odoardo Focherini bisogna risalire alla sua esperienza di Gesù Cristo come sottolinea mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi:

“Senza Cristo, la vita di Odoardo Focherini sarebbe stata una vita probabilmente come tante altre, ma che non avrebbe avuto quella connotazione particolare che ha espresso. In fondo, Odoardo Focherni ha realizzato la vocazione di ogni uomo, per la quale viene al mondo, e la vocazione di ogni uomo è essere immagine di Cristo. Focherini lo è stato fino alle estreme conseguenze, fino cioè al martirio”.

“Dichiaro di morire nella più pura fede cattolica apostolica romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio – dice nelle ultime parole riportate da testimoni – offrendo la mia vita in olocausto per la mia diocesi, per l’Azione cattolica, per L’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo. Vi prego di riferire a mia moglie che le sono sempre rimasto fedele, l’ho sempre pensata, e sempre intensamente amata”.

Fonte, Radio Vaticana, Debora Donnini. Per approfondimenti www.news.va.

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