Papa Francesco recentemente è intervenuto sul tema “Essere imprenditori cristiani”. E’ difficile applicare nel quotidiano il Vangelo e tanto più in un mondo economico e di sviluppo spesso distorto, in cui le aziende e gli enti dicono di essere etici ma di fatto non lo applicano. Pubblichiamo, così come è un abstrat tratto dall’articolo del Sole 24 ore riferito al caso di Confindustria, che cita la costruzione e la necessità di una cultura della trasparenza, principio basilare in ogni ambito e categoria professionale per il bene comune. V.N.
“Chi corrompe fa male alla propria comunità e fa male al mercato, produce un grave danno alla concorrenza e ai suoi colleghi”. Queste persone non possono stare in Confindustria». Così ha affermato Giorgio Squinzi nella sua relazione all’Assemblea generale della Confederazione.
Dunque, una norma rigorosa di condotta per tutti gli imprenditori associati alla Confindustria; ma anche, allo stesso tempo, un impegno nella “costruzione di una cultura della trasparenza” come ha aggiunto Squinzi. Ha inoltre giustamente richiamato un altro aspetto importante a proposito dell’etica imprenditoriale: ossia, in un’azione costante quanto silenziosa volta a migliorare le risorse e le potenzialità della propria azienda, a spingerla a crescere e ad acquisire i mezzi necessari per investire nella ricerca e innovare processi e prodotti.
Poiché, così facendo, egli contribuisce a creare lavoro e ricchezza per la comunità, e quindi a perseguire gli interessi complessivi del proprio Paese. Purtroppo in Italia persiste tuttora, in una cultura sociale che risente di vetuste pregiudiziali, un atteggiamento ostile o diffidente nei riguardi dell’imprenditore. Come se la sua attività consistesse esclusivamente nella massimizzazione del profitto e non fosse invece caratterizzata (come diceva Luigi Einaudi), oltre che dalla realizzazione di un utile commisurato ai rischi assunti e tale da assicurare la continuità dell’azienda, dai doveri sociali e dalle responsabilità personali derivanti dal suo ruolo, dal fatto di essere a capo di un nucleo di maestranze e di collaboratori impegnati in un’opera comune.
E dire che, se il nostro Paese continua a essere la seconda potenza industriale europea lo si deve proprio allo sforzo tenace e intenso di cui ha dato prova concreta tanta parte del mondo imprenditoriale nell’affrontare, ancorché alle prese con vincoli esterni d’ogni sorta (come ben sappiamo) la peggiore crisi economica da 60 anni a oggi.
Perciò questo spirito di iniziativa e dedizione va messo debitamente in conto per una appropriata valutazione delle attitudini e del comportamento di quanti continuano, nonostante tutto, a fare impresa nel nostro Paese.
Fonte: www.ilsole24ore.it