Gli artisti sognano la città moderna e sono pronti a lavorare per la sua edificazione. La città moderna è il cinema, è l’arredo urbano, è il manifesto pubblicitario, linguaggi espressivi che possono sollecitare nuove stupefacenti suggestioni estetiche.
E nell’Europa dei totalitarismi, nella Berlino di Hitler come nella Mosca di Stalin, non c’è nulla di paragonabile per eleganza e per efficacia simbolica, allo Stadio dei Marmi di Del Debbio coronato da sessanta figure marmoree realizzate da scultori del livello di Libero Andreotti, di
Publio Morbiducci, di Attilio Selva. Mentre le città nuove dell’Agro Pontino, vera e propria trasposizione in termini razionalistici dei moduli e delle proporzioni dell’ordine classico affascinarono Le Corbusier che, in Italia nel 1934 per un ciclo di conferenze, sperò in un affidamento progettuale, purtroppo sfumato, da parte del ministro della Cultura Giuseppe Bottai.
Come nella Russia dei Soviet e nel Reich di Hitler, il Governo fascista voleva assicurarsi l’amicizia, il consenso o almeno la docilità degli artisti e ci riuscì in maniera persino più efficace pur garantendo — qui sta la specificità italiana che non sarà mai abbastanza sottolineata — livelli di libertà di espressione a Mosca o a Berlino assolutamente impensabili.
Il merito principale va riconosciuto a Giuseppe Bottai, un uomo che non è esagerato definire il più grande o almeno il più intelligente ministro della Cultura che l’Italia moderna abbia avuto.
Fonte: Osservatore Romano