Di fatto, il gesto è stato compiuto. Nello scandalo, sappiamo bene, tutti inzuppano il pane. Da una parte i nemici della chiesa che dicono che Don Giancarlo Gatto avrebbe fatto bene perché così deve fare la Chiesa. Dall’altra il Popolo, i fedeli, che difendono l’oro della Madonna, frutto di amore e pietà popolare che ha fini simbolici molto più alti del valore del metallo. L’Arcivescovo di Cosenza – Bisignano S. E. Rev.ma Mons Francesco Nolè, minore di San Francesco di Assisi in tutto e per tutto, uomo delle povertà, non è d’accordo, come la stragrande maggioranza di chi valuta secondo buon senso. Ha chiesto a don Giancarlo di chiedere almeno scusa ai fedeli ma ci risulta che don Giancarlo non lo abbia fatto. Alla faccia dell’obbedienza.
Anche la nostra redazione vorrebbe dire qualcosa a tal proposito. Riteniamo che il certamente bravo don Giancarlo Gatto, abbia commesso un gravissimo errore. L’oro della Madonna è qualcosa di assolutamente spirituale poiché rappresenta il “dono” che l’umanità rivolge alla “Mamma”. Ma, antropologicamente, diventa anche un “segno” perpetuo di rapporto tra Mamma e figli. Un segno che non può essere cancellato dalla “memoria” popolare per pagare un debito che, nel tempo, può essere pagato diversamente. L’Oro della Madonna, se il caso, si vende per dar da mangiare al Popolo, se esso non ha da bere e da mangiare, se esso è posto a grave rischio. O per dar da mangiare a chi è povero e non ha di che sfamarsi o sfamare la propria famiglia. Può capitare, di questi tempi. Siamo, dunque, dalla parte del Popolo, caro don Giancarlo, del Popolo di Lago che, giustamente, si è ribellato.
Ci chiediamo, caro don Giancarlo, dove collocare la tua iniziativa quando leggiamo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi…”.
Abbiamo esempi importanti nella Storia. Basta guardare a Santa Francesca Roma – patrona di Roma – che, in un momento grave per la Chiesa e per l’umanità caduta nella peggiore delle carestie anche spirituali, vendette tutto quanto apparteneva alla sua nobilissima famiglia, la Bussa de’ Leoni di Roma, per sfamare il popolo.