a cura di S.E. Mons. Giuseppe Mani/
Dopo la prima tappa di preparazione alla Pasqua in cui la chiesa ci ha invitato a guardare a noi stessi, e a riconoscerci tentati come Gesù nel deserto, nella seconda tappa ci presenta l’ideale a cui guardare, la meta da raggiungere: la trasfigurazione. Ogni cristiano deve aver sempre dinanzi questa scena per sapere qual è il suo ideale. Nel catino dell’abside di tutte le chiese orientali è rappresentata la trasfigurazione, per ogni iconografo è di obbligo cimentarsi per prima cosa nel rappresentare la trasfigurazione e anche in San Pietro a Roma, nella Gloria del Bernini, dove adesso c’è la vetrata della Colomba Divina, era prevista una grande trasfigurazione in bronzo dorato che non fu eseguita per mancanza di fondi. Saliamo quindi anche noi sul monte Tabor per contemplare Cristo trasfigurato, ideale a cui dobbiamo guardare.
La parola trasfigurazione tradotta dal latino richiama soltanto il cambiamento del volto ed è capitato anche a noi di vedere un volto illuminato da un bel sorriso fino a dirlo trasfigurato. Per Gesù invece non limitiamoci al volto ma consideriamo tutta la sua persona anche perché il testo insiste sul cambiamento anche delle vesti che brillavano di una bianchezza senza pari. Allora più che considerare la parola dal latino “trasfigurazione”è meglio considerare quella greca ”metamorfosi” che fa pensare ad una trasformazione di tutto il corpo, San Paolo infatti dirà “Il Signore Gesù che trasfigurerà il nostro corpo mortale per renderlo simile al suo corpo glorioso”. Ecco la sorte del nostro corpo : diventare simile al Suo. In Lui contempliamo quello che saremo, luminosi e belli come Lui.
La prospettiva è esaltante soprattutto per chi non sa rassegnarsi ad essere brutto, ad invecchiare e a diventare cadente, ma questo sappiamo che avverrà alla fine quando risorgeremo con Lui , quando il nostro corpo materiale seminato nella terra risorgerà spirituale, ma adesso? Adesso possiamo anticipare questa cura di bellezza facendo di noi una parabola di quello che saremo nel Regno quando saranno rinnovate tutte le cose e noi con loro. La cura di bellezza cristiana, la nostra metamorfosi, avviene attraverso il Vangelo: mentre si guarda Gesù e ci si impegna ad imitare Lui attuando il Vangelo, direbbe San Bernardo, lo Spirito Santo ci configura ad immagine di Cristo. Avviene così questo lifing che anticipa già in terra la bellezza a cui siamo destinati. Diventare Vangelo, ecco la cura di bellezza a cui ci invita la chiesa in questa seconda tappa del nostro cammino verso la Pasqua. Fermiamoci un momento e verifichiamo la nostra metamorfosi in atto. Qual è la dimensione della mia vita che parla di Vangelo, per capirsi, la parte più bella di me? Quella che fa dire a chi mi avvicina: è bello stare con lui, ci starei sempre.
Questo brano della trasfigurazione termina “non videro altro che Gesù”. Ovviamente si riferisce al fatto che Mosè ed Elia erano spariti ma credo che dopo l’esperienza della Trasfigurazione lo sguardo degli apostoli non si staccasse più da Lui . Desideriamo che avvenga anche per noi “non vedere altro che Gesù” e vedere in Lui tutte le cose.
L’idea poi che Gesù possa condurre qualcuno dei suoi discepoli in un luogo in cui ritrovarsi solo con Lui, per contemplarlo, per ascoltarlo e lasciarci sedurre non è il desiderio di ciascuno in questo tempo di quaresima?