R. – Questo tema si inserisce nel progetto pastorale che, ormai da cinque anni, portiamo avanti e che è centrato proprio sulla riconsiderazione della pastorale ordinaria della comunità cristiana. Siamo partiti, quattro anni fa, ponendoci la domanda: “Chi si sente Chiesa a Roma e come, essendo cristiano e partecipe, sente la responsabilità anche della testimonianza?”. Adesso, siamo giunti ad una delle tappe successive e cioè: “Come, attraverso i Sacramenti dell’Eucaristia e della Confermazione, la comunità cristiana riesce ad accompagnare a una scelta di fede che sia degna di questo nome?”.
D. – Essenziale quindi anche il ruolo della parrocchia, che diventa un motore primo per la formazione e l’evangelizzazione…
R. – Certamente. È proprio lì che è necessario ripensare, sul piano della proposta catechetica, a un obiettivo: quello di coinvolgere le famiglie, perché – purtroppo! – la tradizione cristiana di ricevere i Sacramenti da ragazzi fa sì che sia come un dovere da soddisfare, ma non invece qualcosa che debba impegnare, in seguito, nella maturazione di una vita cristiana effettiva. Ecco perché il punto centrale, direi, di questo nostro incontro è proprio questo: come la parrocchia riesce, si impegna e può impegnarsi a intercettare la presenza dialogante e partecipe delle famiglie, che chiedono per i loro figli i Sacramenti? È un discorso di valori, e di proposta per ripensare la pastorale.
D. – La famiglia vive un momento difficile anche nell’ambito del contesto sociale ed economico. Come sostenerla?
R. – La presenza della Chiesa accanto alla famiglia è da sempre intensa e partecipe. La famiglia si sostiene invitandola a leggere le vicende umane con gli occhi della fede e poi esortandola a una esperienza coerente che possa dire davvero che non siamo abbandonati.
D. – Altro interlocutore fondamentale è la scuola. La diocesi di Roma come si muove in questo ambito?
R. – Da anni, noi abbiamo poste sempre grande attenzione al rapporto scuola-parrocchia, scuola-comunità cristiana. Devo dire che i risultati non sono eccellenti, nel senso che non si riesce sempre a stabilire un’osmosi tra scuola e parrocchia, anche perché il soggetto decisivo di questa relazione è sempre la famiglia, dove anche il tema della scuola è un punto centrale, tanto nell’esperienza ordinaria quanto anche in quella dell’handicap, perché ci sono non pochi ragazzi segnati dall’handicap e che hanno bisogno, loro e loro famiglie, di poter essere accompagnati in una esperienza formativa della fede.
D. – Quando parliamo di conferma della fede, dobbiamo anche affrontare il contesto del mondo virtuale di Internet, soprattutto per i più giovani…
R. – Questa è una grande sfida, soprattutto per i ragazzi. Uno dei laboratori del nostro Convegno diocesano è proprio dedicato a questo: come le nuove tecnologie, che tanto influiscono sull’impegno e l’interesse dei ragazzi, possono diventare anche strumento di evangelizzazione, coinvolgendo gli stessi ragazzi nell’uso corretto di questi strumenti.
D. – Eminenza, quali frutti spera che possa portare questo Convegno pastorale?
R. – Tanti frutti, ma soprattutto la crescita nella coscienza della responsabilità dei laici, dei catechisti e speriamo delle famiglie. Perché il Convegno non è una esperienza accademica, ma vuole essere una esperienza di fede.
Fonte, Radio Vaticana, Isabella Pirro, www.news.va.