Per l’Europa a crescita demografica zero l’America Latina “è una lezione” a invertire la rotta e a non avere paura della gioventù. Papa Francesco sintetizza così il senso del suo nono viaggio apostolico in Ecuador, Bolivia, Paraguay. Durante l’ora di conferenza stampa con i giornalisti imbarcati sul volo papale di rientro a Roma, il Papa ha come sempre toccato numerosi temi. Li riassume in questo servizio Alessandro De Carolis:
Le rughe del Vecchio continente, che ha smarrito il valore della giovinezza, si specchiano nella freschezza balsamica dell’America Latina: è questo l’aiuto giovane di popolo e di Chiesa che l’“altra parte del mondo” da cui il Papa proviene può offrire a terre che hanno smesso di fare figli e futuro.
Impariamo dalle terre giovani
Francesco scosta il sipario che cala sui lunghi, densissimi giorni di viaggio tra Ecuador, Bolivia e Paraguay per far trapelare – dal megafono che gli offrono i media internazionali schierati sul volo papale – la sua chiave di lettura dell’esperienza appena conclusa. È l’ultima risposta, dopo un’ora di conversazione, quella in cui il Papa tira le fila del nono viaggio apostolico:
“La Chiesa latinoamericana ha una grande ricchezza: è una Chiesa giovane, e questo è importante. Una Chiesa giovane con una certa freschezza, anche con alcune informalità, non tanto formale. Anche, ha una teologia ricca, di ricerca. Io ho voluto dare animo a questa Chiesa giovane e credo che questa Chiesa può dare tanto a noi (…) E’ un popolo – e anche la Chiesa è così – che è una lezione per noi, per l’Europa, dove il calo delle nascite spaventa un po’, e anche le politiche per aiutare le famiglie numerose sono poche (…) La ricchezza di questo popolo e di questa Chiesa è che si tratta di una Chiesa viva. E’ una ricchezza, una Chiesa di vita. Questo è importante. Credo che noi dobbiamo imparare da questo e correggere, perché al contrario, se non vengono i figli (…) Non avere paura per questa gioventù e questa freschezza della Chiesa”.
Il merito è loro
Le sensazioni dell’appena vissuto sono tutte da decantare, ma è irresistibile da un punto di vista giornalistico lanciare un ponte verso il viaggio di settembre, al ritorno di Francesco in America, direzione Cuba e Stati Uniti. Intanto, per capire se la mano mediatrice del Papa sia stata decisiva per il loro riavvicinamento:
“Non è stato mediazione, è stata la buona volontà dei due Paesi: il merito è loro, sono loro che hanno fatto questo. Noi non abbiamo fatto quasi nulla, soltanto piccole cose, e a metà dicembre è stato annunziato. Questa è la storia, davvero, non c’è di più. A me preoccupa in questo momento che non si fermi il processo di pace in Colombia. Questo devo dirlo e io mi auguro che questo processo vada avanti e in questo senso noi siamo sempre disposti ad aiutare, in tanti modi di aiuto. Ma sarebbe una cosa brutta che non possa andare avanti”.
Rispetto la scelta della Bolivia
Il tema della diplomazia vaticana a servizio della pace viene sollevato anche dal giornalista boliviano. Il suo Paese è da tempo impegnato in un antico contenzioso con Cile per ottenere uno sbocco sul mare e il cronista sonda Francesco per capire se possa intervenire a sbrogliare la vicenda. La risposta, in spagnolo, del Papa è chiara:
“Siempre hay otras figuras diplomáticas que ayudan…
Ci sono sempre altre figure diplomatiche che aiutano in questo caso, che sono facilitatori… In questo momento, io devo essere molto rispettoso di tutto questo, perché la Bolivia ha fatto ricorso a un tribunale internazionale. Quindi, se io in questo momento faccio un commento, essendo io un capo di uno Stato potrebbe essere interpretato come un immischiami, un fare pressione o altro… Dunque, sono molto rispettoso della decisione che ha preso il popolo boliviano, che ha fatto questo ricorso”.
Usa-Cuba, il guadagno è la pace
Francesco chiude il cerchio con un giornalista statunitense su cosa Cuba abbia da guadagnare e cosa da perdere dopo la fine della guerra fredda con Washington. “L’incontro, l’amicizia, la collaborazione: questo è il guadagno”, replica il Papa, indicando che a guadagnarci saranno entrambi. E la questione del rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa, aggiunge, non riguarda solo Cuba ma molti Stati del mondo, Europa compresa.
Crisi Grecia, serve controllo
E a proposito d’Europa, i giornalisti ricordano al loro interlocutore le sue parole sull’idolatria del denaro che rende schiava l’economia e gli domandano se non volesse riferirsi anche alla crisi greca:
“I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale, hanno anche una responsabilità. Col nuovo governo greco si è andati verso una revisione un po’ giusta. Io mi auguro (…) che trovino una strada per risolvere il problema greco e anche una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema, e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai”.
Non è stata un’offesa
Una delle domande accende il faro sul controverso dono fatto a Francesco dal presidente boliviano, Evo Morales, la statuetta del Cristo che sormonta la falce e il martello, i simboli della lotta comunista, realizzata da padre Espinal, il gesuita assassinato 35 anni fa. La risposta del Papa è al contempo aperta e spiazzante. Quello che conta, dice in sostanza, è che il rispetto per la persona viene prima di tutto il resto e in quest’ottica si può comprendere anche quella che definisce “arte di protesta”:
“Padre Espinal è stato ucciso nell’anno 80. Era un tempo in cui la teologia della liberazione aveva tanti filoni diversi, uno di questi era con l’analisi marxista della realtà, e Padre Espinal apparteneva a questo (…) Espinal è un entusiasta di questa analisi della realtà marxista, ma anche della teologia, usando il marxismo. Da questo è venuta quest’opera. Anche le poesie di Espinal sono di quel genere di protesta, ma era la sua vita, era il suo pensiero, era un uomo speciale, con tanta genialità umana, e che lottava in buona fede. Facendo un’ermeneutica del genere io capisco quest’opera. Per me non è stata un’offesa. Ma ho dovuto fare questa ermeneutica e la dico a voi perché non ci siano opinioni sbagliate. Quest’oggetto ora lo porto con me, viene con me”.
Sinodo, Dio migliori la famiglia
E il Papa usa l’ermeneutica anche per chiarire cosa avesse inteso, durante la Messa a Guayaquil in Ecuador, nell’invitare la gente a pregare perché – parlando di crisi della famiglia, sullo sfondo del Sinodo – Dio possa trasformare ciò che è “impuro”. La spiegazione, ribadisce, sta nel senso del miracolo di Cana:
“Ho detto che proprio Gesù fa il più buon vino con l’acqua delle sporcizie, del peggio. In genere, ho pensato di fare questo commento: la famiglia è in crisi, lo sappiamo tutti, basta leggere l’Instrumentum laboris che voi conoscete bene perché è stato presentato, è lì… A tutto questo io facevo riferimento, in genere: che il Signore ci purifichi da queste crisi (…) che ci faccia migliori, ci faccia famiglie più mature… migliori”.
Poveri, ricchi e “middle class”
Francesco accetta anche di buon grado la garbata critica che gli rivolge un giornalista, che ha notato come il Papa parli molto dei poveri e dei ricchi e molto poco della classe media:
“Lei ha ragione, devo pensare un po’. Il mondo è polarizzato. La classe media diviene più piccola. La polarizzazione fra i ricchi e i poveri è grande, questo è vero, e forse questo mi ha portato a non tenere conto di quello (…) Poi perché parlo dei poveri? Ma perché è al cuore del Vangelo, e sempre parlo dal Vangelo sulla povertà, benché sia sociologica. Poi, sulla classe media ci sono alcune parole che ho detto, però un po’ ‘en passant’. Ma la gente semplice, la gente comune, l’operaio… quello è un grande valore”.
Movimenti popolari e Dottrina sociale
Al rammarico del cronista paraguayano su che “peccato” abbia mai commesso il suo Paese per non avere un cardinale, Francesco risponde con simpatia che la Chiesa locale, per la vita e la gioiosità mostrate, ne meriterebbe due, ma che le valutazioni che portano alla porpora devono tenere conto di molti aspetti. E spiega pure che ai Movimenti popolari incontrati in Bolivia non ha fatto altro che presentare “un riassunto della Dottrina sociale della Chiesa”. Inoltre, il Papa ribadisce di non temere le strumentalizzazioni delle sue parole, pur notando come talvolta la notizia venga creato attorno a una frase presa “fuori contesto”.
Mate sì, coca no
Domande e risposte, senza pause, una ventina, che Francesco sostiene a pieno ritmo dopo un viaggio massacrante per molti più giovani di lui. Qual è il segreto della sua forza, gli domandano? Impareggiabile la risposta:
“Mah, il mate mi aiuta. Ma non ho assaggiato la coca. Questo è chiaro, eh!”.
(Da Radio Vaticana)