La forza della rete. Interviste con i vescovi della Comece: Estonia e Paesi Bassi

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Con le interviste a Mons. Philippe Jean-Charles Jourdan, amministratore apostolico dell’Estonia, e a mons. Theodorus Cornelis Maria Hoogenboom, vescovo ausiliare di Utrecht (Olanda) prosegue la serie di SIR Europa dedicata alle riflessioni dei vescovi europei sul processo di integrazione europea e sul pensiero della Chiesa sulla casa comune europea. (cfr SIR Europa 62-63-64-65-66-67-69-71-75-76-77-78-79-82-83-84).

Quali opinioni ed aspettative hanno i cattolici del vostro Paese a proposito dell’Unione europea?
Mons. Jourdan:
 “L’Unione europea è generalmente ben vista dai cattolici del mio Paese (io sono l’unico vescovo). È importante per noi, per l’integrazione in Europa e anche per la sicurezza e la protezione della nostra indipendenza. Per questo motivo, l’Estonia ha sempre cercato di svolgere il proprio ruolo all’interno della comunità europea e di seguire tutte le raccomandazioni dell’Unione (ad esempio quella attuale sul debito, etc…)”.
Mons. Hoogenboom: “Sembra che la tendenza generale tra i cattolici che frequentano la Chiesa sia più positiva verso l’Europa rispetto ai cattolici che si definiscono tali solo per cultura. Sebbene la Conferenza episcopale non ha mai condotto una ricerca sulle opinioni politiche dei cattolici”.

Il consenso si basa su una corretta informazione: sulla base della sua esperienza quotidiana, ritiene che tale informazione sull’Unione europea e sulle Chiese europee sia adeguata?
Mons. Jourdan: 
“Ritengo che l’informazione sull’Unione europea sia decisamente corretta. Esiste tuttavia anche una certa paura, negli ultimi tempi, che Bruxelles possa imporre cose che il popolo estone non vuole, anche in merito a questioni etiche. Il passato dell’Unione Sovietica ci ricorda che l’indipendenza e la sovranità devono essere costantemente protetti. Penso in particolare alle recenti campagne, presentate come contro l’omofobia, finanziate dall’Unione europea ed ampiamente sostenute da alcune ambasciate dell’Ue, che non sono state molto ben accolte in un Paese in cui esiste grande libertà e tolleranza, oltre ad una vasta maggioranza a favore della concezione naturale della famiglia”.
Mons. Hoogenboom: “Siamo soddisfatti delle informazioni sempre professionali che riceviamo attraverso i canali della Comece. Questa informazione si arricchisce con le regolari riunioni plenarie dei vescovi, dove vengono trattate in dettaglio materie specifiche. Inoltre possiamo beneficiare dei contatti che i nostri esperti hanno con gli esperti della Comece ed esperti delle altre Conferenze episcopali europee attraverso le riunioni dei comitati legali e sociali”.

Come può la Chiesa del vostro Paese dare un contributo all’Unione europea?
Mons. Jourdan:
 “La Chiesa cattolica è molto piccola qui e abbiamo qualche influenza soltanto insieme alle altre Chiese, specialmente quella luterana. Ma esiste ampio consenso tra le nostre Chiese su quasi tutte le questioni etiche e morali (non è sempre così negli altri Paesi nordici), il che ci permette di fare dichiarazioni comuni su questioni importanti e di avere un dialogo significativo con il governo. Penso sia un buon modo di costruire l’Unione europea”.
Mons. Hoogenboom: “Poiché siamo un piccolo staff a livello nazionale, dipendiamo in larga misura dalle competenze della sede della Comece a Bruxelles e questo permette che il nostro contributo possa contare nel dibattito europeo”.

Che cosa pensa del lavoro svolto finora dalle Chiese europee nella Ue?
Mons. Jourdan: 
“Ritengo che le Chiese europee abbiamo fatto del loro meglio in un contesto di forte secolarizzazione dell’Europa. Ma c’è ancora tanto da fare. Forse potrebbero fare di più collaborando di più tra loro, per esempio con le Chiese ortodosse (piuttosto forti nel nostro Paese), per proteggere i valori cristiani dell’Europa”.
Mons. Hoogenboom: “Con l’attuazione del trattato di Lisbona è iniziata una nuova era nelle relazioni tra le Chiese europee e le istituzioni europee. Riteniamo che traguardi importanti siano stati raggiunti, ma spero che si possa fare di più, con particolare riguardo alla discussione etica e al contributo della dottrina sociale cattolica”.

Fonte Sir

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