La fiducia in Dio libera da paure, catene e potere mondano

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Volto di Pietro - Beato Angelico, particolare della Deposizione, Pala di Santa Trinità, Museo di San Marco, Firenze
Volto di Pietro – Beato Angelico, particolare della Deposizione, Pala di Santa Trinità, Museo di San Marco, Firenze

“Il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana”. Così il Papa questa mattina celebrando la Messa nella Basilica Vaticana nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, durante la quale è stato imposto il pallio a 24 nuovi arcivescovi metropoliti. Assenti tre presuli per i quali la consegna del paramento, simbolo del Buon Pastore, avverrà nelle rispettive sedi metropolitane. Francesco ha messo in guardia dal potere, dalle gratificazioni e dall’orgoglio.

“Il Signore ci libera da ogni paura e da ogni catena”, come ha fatto con Pietro, “affinchè possiamo essere veramente liberi”. “E’ la fiducia in Dio il nostro vero rifugio, essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù” ha detto Francesco ai nuovi arcivescovi metropoliti presenti ai quali come da tradizione nella solennità dei Santi Pietro e Paolo è stato imposto il pallio. Sull’esempio di Pietro, il Papa ha invitato tutti ad una verifica sulla fiducia nel Signore, mettendo in guardia dalla paura e dai “rifugi pastorali”:

“Noi – mi domando –, cari fratelli Vescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Dove poniamo la nostra sicurezza”?

La fedeltà che Dio incessantemente conferma anche a noi Pastori, al di là dei nostri meriti, è la fonte della nostra fiducia e della nostra pace”.

L’amore di Gesù basta, mai soffermarsi sulle cose secondarie:

Ha assistito alla celebrazione una delegazione del Patriarcato ecumenico guidata dal metropolita di Pergamo, Ioannis, e inviata dal Patriarca Bartolomeo I:

“Preghiamo il Signore perché anche questa visita possa rafforzare i nostri fraterni legami nel cammino verso la piena comunione tra le due Chiese sorelle, da noi tanto desiderata”.

Segno del desiderio di unità tra le Chiese, i canti che hanno animato la liturgia, eseguiti insieme dal coro del Patriarcato di Mosca e dalla Cappella Musicale Pontificia in linea con un progetto avviato da Benedetto XVI e portato avanti con forza da Francesco e che vede nell’arte uno strumento per creare ponti di dialogo, nella riscoperta delle fonti comuni.

Per un maggior approfondimento trascriviamo il testo originale del Pontefice:

Nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni principali di Roma, accogliamo con gioia e riconoscenza la Delegazione inviata dal Patriarca Ecumenico, il venerato e amato fratello Bartolomeo, guidata dal Metropolita Ioannis. Preghiamo il Signore perché anche questa visita possa rafforzare i nostri fraterni legami nel cammino verso la piena comunione tra le due Chiese sorelle, da noi tanto desiderata.

«Il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode» (At 12,11). Agli inizi del servizio di Pietro nella comunità cristiana di Gerusalemme, c’era ancora grande timore a causa delle persecuzioni di Erode contro alcuni membri della Chiesa. C’era stata l’uccisione di Giacomo, e ora la prigionia dello stesso Pietro per far piacere al popolo. Mentre egli era tenuto in carcere e incatenato, sente la voce dell’Angelo che gli dice: «Alzati in fretta! … Mettiti la cintura e legati i sandali … Metti il mantello e seguimi!» (At 12,7-8). Le catene cadono e la porta della prigione si apre da sola. Pietro si accorge che il Signore lo «ha strappato dalla mano di Erode»; si rende conto che Dio lo ha liberato dalla paura e dalle catene. Sì, il Signore ci libera da ogni paura e da ogni catena, affinché possiamo essere veramente liberi. L’odierna celebrazione liturgica esprime bene questa realtà, con le parole del ritornello al Salmo responsoriale: «Il Signore mi ha liberato da ogni paura».

Ecco il problema, per noi, della paura e dei rifugi pastorali. Noi – mi domando –, cari fratelli Vescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Cari fratelli vescovi, dove poniamo la nostra sicurezza?

La testimonianza dell’Apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana. Oggi, il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi, specialmente i Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio, ci sentiamo interpellati dall’esempio di san Pietro a verificare la nostra fiducia nel Signore.

Pietro ritrovò la fiducia quando Gesù per tre volte gli disse: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15.16.17). E nello stesso tempo lui, Simone, confessò per tre volte il suo amore per Gesù, riparando così al triplice rinnegamento avvenuto durante la passione. Pietro sente ancora bruciare dentro di sé la ferita di quella delusione data al suo Signore nella notte del tradimento. Ora che Lui gli chiede: «Mi vuoi bene?», Pietro non si affida a sé stesso e alle proprie forze, ma a Gesù e alla sua misericordia: «Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). E qui sparisce la paura, l’insicurezza, la pusillanimità.

Pietro ha sperimentato che la fedeltà di Dio è più grande delle nostre infedeltà e più forte dei nostri rinnegamenti. Si rende conto che la fedeltà del Signore allontana le nostre paure e supera ogni umana immaginazione. Anche a noi, oggi, Gesù rivolge la domanda: «Mi ami tu?». Lo fa proprio perché conosce le nostre paure e le nostre fatiche. Pietro ci mostra la strada: fidarsi di Lui, che “conosce tutto” di noi, confidando non sulla nostra capacità di essergli fedeli, quanto sulla sua incrollabile fedeltà. Gesù non ci abbandona mai, perché non può rinnegare se stesso (cfr 2 Tm 2,13). E’ fedele. La fedeltà che Dio incessantemente conferma anche a noi Pastori, al di là dei nostri meriti, è la fonte della nostra fiducia e della nostra pace. La fedeltà del Signore nei nostri confronti tiene sempre acceso in noi il desiderio di servirlo e di servire i fratelli nella carità.

L’amore di Gesù deve bastare a Pietro. Egli non deve cedere alla tentazione della curiosità, dell’invidia, come quando, vedendo Giovanni lì vicino, chiede a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?» (Gv 21,21). Ma Gesù, di fronte a queste tentazioni, risponde: «A te che importa? Tu seguimi» (Gv 21,22). Questa esperienza di Pietro costituisce un messaggio importante anche per noi, cari fratelli Arcivescovi. Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi! Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell’amicizia. Seguimi nell’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio. Tu seguimi!

Fonte: www.news.va

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