A cura di Alessandro Corneli
Il grande obiettivo che si era prefisso Joseph Ratzinger, prima come studioso di teologia, poi come responsabile della dottrina della fede, infine come papa, era di dimostrare che la ragione umana non contrasta con i principi della fede cattolica. I libri che compongono la trilogia sulla vita di Gesù Cristo sono in sostanza una esposizione pacata e “razionale” dei dogmi contenuti nel Credo, che riassume la professione di fede della Chiesa.
DIMISSIONI: ATTO UMANO CHE RIMANDANO AD UN ATTO DI FEDE
Ebbene, il gesto delle dimissioni è un atto umano che Joseph Ratzinger ha spiegato con motivi di pura ragione – l’età avanzata, il peggioramento delle condizioni di salute che si riverbera sul fisico e sullo spirito, la complessità del mondo moderno che deve essere affrontata con la pienezza delle forze – che però rimandano a un atto di fede: la fede nell’unico e vero Capo della Chiesa, Gesù Cristo, e nella sua promessa di proteggerla fino alla fine dei tempi.
Le dimissioni non sono state una fuga: le parole scandite sui tempi della loro efficacia (le ore 20 del 28 febbraio) e sulla continuità dell’organizzazione del conclave, confermano che la decisione è stata soppesata nelle conseguenze e nelle interpretazioni.
IL MESSAGGIO CHE CI DONA: TENERE INSIEME FEDE E RAGIONE
Il messaggio che ha voluto dare e lasciare è perciò questo: tenere insieme ragione e fede. Perché se si segue solo la ragione, allora la Chiesa appare come una struttura di potere, condizionata dalle forme mutevoli del potere, sullo stesso piano delle altre strutture di potere e in competizione con esse sul piano sociale, economico e politico. Se invece si segue solo la fede, le opere perdono di significato e si ha un distacco dal mondo che può valere per il singolo individuo ma si svuota della dimensione sociale e storica e rischia la deriva elitaria.
È possibile che nella Curia e nelle varie Conferenze episcopali “nazionali” si confrontino le due tentazioni, che sono tali quando fede e ragione battono strade diverse. La strada è una sola: come papa, Ratzinger lo ha sempre detto, e ha voluto dimostrarlo con un gesto che è allo stesso tempo di ragione e di fede. Così ha voluto anche riportare il “ministero petrino”, di “vescovo di Roma”, alla sua funzione essenziale di predicazione del Vangelo.
JOSEPH RATZINGER E IL MINISTERO PIETRINO SUL PIEDISTALLO DELLA FEDE
Un eccesso della ragione, intesa come pura modernità, si è verificato con una certa spettacolarizzazione delle morti, dei funerali e delle elezioni degli ultimi papi o di eventi particolarmente significativi dei singoli pontificati. Joseph Ratzinger, nell’austera occasione di un Concistoro, parlando con la “gravitas” propria della lingua latina, ha ricollocato il “ministero petrino” sul piedistallo della fede, eliminandone la mondanità.
ANCHE CRISTO HA ROTTO MOLTE TRADIZIONI
D’ora in poi, è stato subito detto, tutti i papi dovranno confrontarsi con l’ipotesi delle dimissioni. E allora? Chi ha stabilito che debbano restare “vescovi di Roma” fino alla morte quando altri vescovi, come lui “successori degli Apostoli”, per varie ragioni, lasciano il loro ministero prima della morte? Ha rotto una tradizione. Anche Cristo ha rotto molte tradizioni. Joseph Ratzinger ha voluto dimostrare che i comportamenti razionali (certe consuetudini ne assumono l’aspetto) valgono nella misura in cui non oscurano né trascurano la fede. Non si è dimostrato d’accordo con l’agostiniano “credo perché assurdo” ma con il paolino “se Cristo non fosse realmente risorto, la nostra fede sarebbe vana”.
Nessuno può pensare che un papa che ha combattuto con forza, sul piano filosofico, il nichilismo, e sul piano dottrinale le sue conseguenze disgregatrici, non abbia pensato alle possibili interpretazioni “razionali” del suo gesto e alla sorpresa, fino a un istintivo subitaneo smarrimento, dei fedeli. Lo ha compiuto nell’anno che egli aveva proclamato “anno della fede”, con la semplicità di un fanciullo di 86 anni. Lo ha compiuto, ha detto, dopo che alcune gravi difficoltà erano state superate e la situazione era tornata sotto controllo: ecco un modo di conciliare ragione e fede. Di tanto in tanto, anche Gesù lasciava soli i suoi discepoli e si ritirava per pregare.
LA SFIDA DELLA FEDE: CRISTO E’ IL CAPO NON IL PAPA
Non c’è dubbio che, da sempre, con motivazioni sempre rinnovantesi, operino forze vecchie e nuove contro la Chiesa, alcune pigiando sul tasto della razionalità esasperata e altre pigiando sul tasto della fede fanatica. Le une e le altre possono trarre incoraggiamento dalle dimissioni di Joseph Ratzinger e pregustare la vittoria della cacciata di Dio dal mondo. Con il suo gesto, Benedetto XVI le ha sfidate perché la Chiesa, il cui capo è Cristo e non il papa, è altra cosa che sfugge alla dialettica relativistica di Pilato.
PS. In questa vicenda di portata storica, colpisce il nanismo mediatico di coloro che si sono affrettati a far sapere che “già sapevano”: privilegiati di una conoscenze meteorica che non lascerà, per loro, alcuna traccia duratura.
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