Papa Francesco ha voluto dedicare il suo primo incontro a Cagliari, proprio al mondo del lavoro. Subito dopo l’arrivo all’aeroporto, il Papa si è recato a Piazza Yenne dove, parlando a braccio ad almeno 20 mila persone, ha ribadito che senza lavoro non c’è dignità. Con parole accorate, il Papa ha infine levato una preghiera al Signore affinché insegni a lottare per il lavoro. Il discorso del Papa è stato preceduto da tre toccanti testimonianze.
Giovani disoccupati, persone in cassa-integrazione e ancora imprenditori che fanno fatica ad andare avanti. La visita di Papa Francesco a Cagliari è iniziata da qui: dall’incontro con quanti, nel mondo del lavoro, vivono situazioni di sofferenza. Un incontro spesso interrotto dagli applausi e dal grido “lavoro”, nella piazza, e iniziato con le commoventi testimonianze di un’imprenditrice, di un agricoltore e in particolare di un giovane operaio disoccupato che, come un figlio ad un padre, ha confidato i suoi sentimenti:
“Le conseguenze più dure della carenza di lavoro sono a carico delle famiglie. Spesso la disgregazione tra i coniugi e le difficoltà di relazione con i figli sono conseguenza della grave crisi occupazionale nella quale siamo tristemente coinvolti. Papa Francesco, papà di noi tutti! Non lasciare che il gregge a te affidato venga disperso e sbranato da questo lupo cattivo che è la mancanza di speranza, che divora le nostre stesse vite. Non lasciarci soli!”.
Visibilmente toccato da queste testimonianze, Papa Francesco ha deciso di non leggere il testo che aveva preparato, poi consegnato all’arcivescovo di Cagliari, ma di pronunciare un accorato discorso a braccio sulla dignità del lavoro e la centralità dell’uomo nell’economia. Il Papa è tornato con la memoria alle sue origini, a quando suo padre si era trasferito in Argentina ed aveva vissuto la sofferenza della disoccupazione a causa della grave crisi degli anni ’30:
“Hanno perso tutto! Non c’era lavoro! E io ho sentito, nella mia infanzia, parlare di questo tempo, a casa… Io non l’ho visto, non ero ancora nato, ma ho sentito dentro casa questa sofferenza, parlare di questa sofferenza. Conosco bene questo! Ma devo dirvi: Coraggio!”.
Ma, ha aggiunto, sono anche “cosciente che devo fare tutto”, “perché questa parola coraggio non sia una bella parola di passaggio!”:
“Non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della Chiesa che viene e vi dice: Coraggio! No! Questo non lo voglio! Io vorrei che questo coraggio venga da dentro e mi spinga a fare di tutto come Pastore, come uomo”.
Dobbiamo, ha detto, affrontare “con solidarietà e intelligenza” questa sfida storica. Poi ha osservato che le prime due visite in Italia, Lampedusa e ora Sardegna, sono state ad un’isola. “Nella prima – ha affermato – ho visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita, dignità, pane, salute: il mondo dei rifugiati”. E, ha aggiunto, “ho visto la risposta” di Lampedusa che, “essendo isola, non ha voluto isolarsi” e riceve la gente e fa il suo. Questo, ha detto, “ci dà un esempio di accoglienza: sofferenza e risposta positiva”. Anche a Cagliari, ha proseguito, “trovo sofferenza”:
“Una sofferenza che uno di voi ha detto che ‘ti indebolisce e finisce per rubarti la speranza’. Una sofferenza, la mancanza di lavoro, che ti porta – scusatemi sono un po’ forte, ma dico la verità – a sentirti senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità! E questo non è un problema della Sardegna soltanto – ma c’è forte qui! – non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Paesi di Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia; un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro”.
Dio, ha ribadito, “ha voluto che al centro del mondo, non sia un idolo”, ma l’uomo e la donna, “che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo”. Adesso invece, è stata la sua denuncia, “in questo sistema, senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatro” di questo dio-denaro:
“Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo. E cosa succede? Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi, cadono gli anziani, perché in questo mondo non c’è posto per loro! (…) E cadono i giovani che non trovano il lavoro, la dignità. Ma pensa, in un mondo dove i giovani – generazioni, due, di giovani – non hanno lavoro. Non ha futuro questo mondo. Perché? Perché loro non hanno dignità!”
“E’ difficile avere dignità senza lavorare”, ha riaffermato, è “questa è la vostra sofferenza qui, questa è la preghiera che voi di là gridavate”:
“Lavoro”, “Lavoro”, “Lavoro”. E’ una preghiera, una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavo“ro vuol dire amare! Per difendere questo sistema economico idolatrico si istaura la “cultura dello scarto”: si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”.
Noi, ha proseguito, “vogliamo un sistema giusto! Un sistema che ci faccia andare avanti tutti” e “non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male!”. Al centro sia “l’uomo e la donna, come Dio vuole, e non il denaro!” Papa Francesco ha riconosciuto che “è facile dire non perdere la speranza” eppure è necessario ribadire di non lasciarsi “rubare la speranza”. Questa, ha proseguito, “è come le braci sotto la cenere; aiutiamoci, allora, “con la solidarietà, soffiando sulle ceneri, perché il fuoco venga un’altra volta”. La speranza, ha soggiunto, non è ottimismo, “la speranza non è di uno: la speranza la facciamo tutti!” e va sostenuta “fra tutti, tutti voi e tutti noi che siamo lontani”. La speranza, ha aggiunto, “è una cosa vostra e nostra. E’ cosa di tutti! Per questo vi dico: ‘Non lasciatevi rubare la speranza!’”.
“Ma siamo furbi, perché il Signore ci dice che gli idoli sono più furbi di noi. Il Signore ci invita ad avere la furbizia del serpente con la bontà della colomba. Abbiamo questa furbizia e diciamo le cose col proprio nome. In questo momento, nel nostro sistema economico, nel nostro sistema proposto globalizzato di vita, al centro c’è un idolo e questo non si può fare! Lottiamo tutti insieme perché al centro, almeno della nostra vita, sia l’uomo e la donna, la famiglia, tutti noi, perché la speranza possa andare avanti… “Non lasciatevi rubare la speranza!”.
Il Papa ha, infine, rivolto una commovente preghiera al Signore affinché doni lavoro e dignità alla gente della Sardegna, alle famiglie di Cagliari e di tutta l’isola:
“Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciare soli. Aiutaci ad aiutarci fra noi, che dimentichiamo un po’ l’egoismo e sentiamo nel cuore il “noi”, noi popolo, che vuole andare avanti. Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi”.
Fonte: www.vatican.va.