Base della riflessione del Pontefice sono state, come di consueto, le letture del giorno, in particolare la seconda lettera di Paolo ai Corinzi (5, 14-21), «brano — ha detto — un po’ speciale perché sembra che Paolo parta in quarta. È accelerato, va proprio con una certa velocità. L’amore di Cristo ci possiede, ci spinge, ci preme. È proprio questa la velocità che ha Paolo: quando vede l’amore di Cristo non può rimanere fermo». Così san Paolo è davvero un uomo che ha fretta, con «l’affanno per dirci qualcosa d’importante: parla del sì di Gesù, dell’opera di riconciliazione che ha fatto Gesù e anche dell’opera di riconciliazione» di Cristo e dell’apostolo.
Papa Francesco ha fatto anche notare come nella pagina paolina «per cinque volte si ripeta la parola riconciliazione. Cinque volte: è come un ritornello». Per dire con chiarezza che «Dio ci ha riconciliati con lui in Cristo». San Paolo «parla anche con forza e con tenerezza quando dice: io sono un ambasciatore in nome di Cristo». Poi Paolo, nel proseguire il suo scritto, sembra quasi inginocchiarsi per implorare: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» ed è come se dicesse «abbassate la guardia» per lasciarvi riconciliare con lui.
«La fretta, la premura di Paolo — ha affermato ancora il Pontefice — mi fa pensare a Maria quando, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo, parte in fretta per aiutare sua cugina. È la fretta del messaggio cristiano. E qui il messaggio è proprio quello della riconciliazione». Il senso della riconciliazione non sta semplicemente nel mettere insieme parti diverse e lontane tra loro. «La vera riconciliazione è che Dio in Cristo ha preso i nostri peccati e si è fatto peccato per noi. E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta. E a lui piace, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberarci».
È questo «il mistero che faceva andare avanti Paolo con zelo apostolico, perché è una cosa tanto meravigliosa: l’amore di Dio che ha consegnato suo figlio alla morte per me. Quando Paolo si trova davanti a questa verità dice: ma lui mi ha amato, è andato alla morte per me. È questo il mistero della riconciliazione». La vita cristiana — ha spiegato ancora il Pontefice — «cresce su questo pilastro e noi un po’ la svalutiamo» quando la riduciamo al fatto che «il cristiano deve fare questo e poi deve credere in quello». Si tratta invece di arrivare «a questa verità che ci muove, a questo amore che è dentro la vita cristiana: l’amore del Padre che in Cristo riconcilia il mondo. È Dio infatti che riconcilia a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola di riconciliazione. Cristo ci ha riconciliato. E questo è l’atteggiamento del cristiano, questa è la pace del cristiano».
I filosofi «dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine. Tutto ordinato, tranquillo. Quella non è la pace cristiana. La pace cristiana — ha insistito Papa Francesco — è una pace inquieta, non è una pace tranquilla. È una pace inquieta che va avanti per portare questo messaggio di riconciliazione. La pace cristiana ci spinge ad andare avanti e questo è l’inizio, la radice dello zelo apostolico».
E secondo Papa Francesco «lo zelo apostolico non è andare avanti per fare proseliti e fare statistiche: quest’anno sono cresciuti i cristiani in tal Paese, i movimenti. Le statistiche sono buone, aiutano, ma fare proseliti non è quello che Dio più vuole da noi. Quello che il Signore vuole da noi — ha precisato — è proprio l’annuncio della riconciliazione, che è il nucleo del suo messaggio: Cristo si è fatto peccato per me e i peccati sono là, nel suo corpo, nel suo animo. Questo è da pazzi, ma è bello: è la verità. Questo è lo scandalo della croce».
Il Papa ha concluso la sua omelia chiedendo la grazia che il «Signore ci dia questa premura per annunciare Gesù; ci dia la saggezza cristiana, che nacque proprio dal suo fianco trafitto per amore». E «ci convinca anche che la vita cristiana non è una terapia terminale per stare in pace fino al cielo. La vita cristiana è sulla strada, sulla vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci possiede, ci spinge, ci preme. Con questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama».
Fonte, Osservatore Romano, www.news.va.