Il Vaticanese

Il Papa al Corpo dei Gendarmi: “Difendete il Vaticano dalla zizzania delle chiacchiere”

Il messaggio del Papa ai suoi “angeli custodi”: il Corpo della Gendarmeria vaticana. La Gendarmeria Vaticana ha celebrato la propria festa annuale, in leggero anticipo rispetto alla ricorrenza abituale, che è solitamente il 29 settembre, celebrazione liturgica dei Santi Michele, Gabriele e Raffaele, patroni di questo storico Corpo di vigilanza.

Gli “angeli custodi del Papa” hanno celebrato la loro festa nel “Giardino quadrato” dei Musei Vaticani, alla presenza quest’anno di un solo rappresentante del governo Letta, il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri.

“Cordiale riconoscenza” e “sincero apprezzamento” per la dedizione e la fedeltà con la quale i gendarmi prestano il loro servizio al successore di Pietro sono i sentimenti espressi da Papa Francesco in un messaggio indirizzato al cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, e a Domenico Giani, comandante della Gendarmeria vaticana, nella ricorrenza.

Nel suo discorso iniziale il comandante Giani ha reso omaggio a Benedetto XVI, ricordando tra l’altro l’intensità con la quale la Gendarmeria ha vissuto gli avvenimenti seguiti all’annuncio della sua storica rinuncia. Così come ha sottolineato quanto la svolta impressa dallo stile pastorale di Papa Francesco abbia inciso sul servizio quotidiano anche della Gendarmeria. Uno stile, ha detto, «che ormai abbiamo interiorizzato» e fatto nostro nei suoi elementi principali: la sobrietà e l’umiltà. E non ha mancato di ricordare quanto i continui appelli alla solidarietà ripetuti dal Papa in diverse occasioni, siano condivisi dai suoi gendarmi. «Vogliamo assicurare al Papa che anche per noi “solidarietà” e una parola da non cancellare dal vocabolario perche ci appartiene» ed e quello che ci spinge a mettere un supplemento d’anima nel nostro lavoro, che si concretizza con piccole rinunce quotidiane per realizzare progetti di sostegno agli indigenti.

La “chiacchiere” sono una “lingua vietata” in Vaticano, perché è una lingua che genera il male. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta questa mattina al cospetto del Corpo della Gendarmeria Vaticana, nei pressi della Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani.  
Nella rocca del Vaticano, il male ha un passaggio attraverso il quale s’insinua per spargere il suo veleno: è la “chiacchiera”, quella che porta l’uno a parlare male dell’altro e distrugge l’unità. E dal contagio di questa “zizzania” nessuno è immune. Davanti agli uomini della Gendarmeria Vaticana che lo guardano schierati, Papa Francesco si sottrae da una riflessione giusta ma forse scontata sul ruolo del gendarme difensore della sicurezza del Vaticano, per mettere nel mirino un altro avversario molto più subdolo della delinquenza comune e contro il quale è fondamentale ingaggiare la “lotta”:
“Qualcuno di voi potrà dirmi: ‘Ma, padre, noi come c’entriamo qui col diavolo? Noi dobbiamo difendere la sicurezza di questo Stato, di questa città: che non ci siano i ladri, che non ci siano i delinquenti, che non vengano i nemici a prendere la città’. Ma, anche quello è vero, ma Napoleone non tornerà più, eh? Se ne è andato. E non è facile che venga un esercito qui a prendere la città. La guerra oggi, almeno qui, si fa altrimenti: è la guerra del buio contro la luce; della notte contro il giorno”.

Per questo, prosegue Papa Francesco, “vi chiedo non solo di difendere le porte, le finestre del Vaticano” – peraltro un lavoro necessario e importante – ma di difendere “come il vostro patrono San Michele” le porte del cuore di chi lavora in Vaticano, dove la tentazione “entra” esattamente come altrove:
“Ma c’è una tentazione… Ma, io vorrei dirla – la dico così per tutti, anche per me, per tutti – però è una tentazione che al diavolo piace tanto: quella contro l’unità, quando le insidie vanno proprio contro l’unità di quelli che vivono e lavorano in Vaticano. E il diavolo cerca di creare la guerra interna, una sorta di guerra civile e spirituale, no? E’ una guerra che non si fa con le armi, che noi conosciamo: si fa con la lingua”.
Una lingua armata appunto dalle “chiacchiere”, sorta di veleno dal quale Papa Francesco mette costantemente in guardia. E questo è ciò “che chiedo a voi”, incalza quindi il Papa all’indirizzo dei gendarmi, “di difenderci mutuamente dalle chiacchiere”:
Chiediamo a San Michele che ci aiuti in questa guerra: mai parlare male uno dell’altro, mai aprire le orecchie alle chiacchiere. E se io sento che qualcuno chiacchiera, fermarlo! ‘Qui non si può: gira la porta di Sant’Anna, va fuori e chiacchiera là! Qui non si può!’ … è quello, eh? Il buon seme sì: parlare bene uno dell’altro sì, ma la zizzania no!”.

Fonte: www.vatican.va , www.vaticanstate.it.

www.news.va.

Servizio a cura di Salvatore Pignata.

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