Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Tre viaggi apostolici internazionali, dalle rovine dell’Iraq alle periferie della Slovacchia fino al crocevia di sofferenze che è l’isola di Lesbo. Otto Motu proprio, tra ministeri per le donne, modifiche del sistema giudiziario, Messe antiche. L’avvio di un inedito percorso sinodale che coinvolgerà le diocesi del mondo. Poi incontri, udienze, eventi internazionali fuori e dentro Roma. E, in mezzo, l’operazione al colon al Gemelli.
Merita realmente di essere ripercorso per intero il 2021 di Papa Francesco, considerando la mole di appuntamenti e impegni che hanno visto protagonista il Papa. Un dato non scontato in un anno di incertezze e restrizioni causate dall’emergenza Covid e tenendo anche conto delle condizioni di salute dell’85enne Pontefice che ha iniziato l’anno con problemi alla sciatica che gli hanno impedito di presiedere il Te Deum del 31 dicembre e la Messa del primo gennaio.
Vaccino per il corpo, vaccino per il cuore
Un anno, questo che sta per concludersi, che si è aperto con il Papa ancora “ingabbiato” (mutuando una sua stessa espressione) nella Biblioteca apostolica per gli Angelus domenicali e le udienze generali, al fine di evitare assembramenti e contagi. Dal Palazzo Apostolico vaticano, in diretta streaming mondiale, mentre il mondo si affacciava al 2021 con addosso le ferite della pandemia, Francesco esordiva:
“Quest’anno, mentre speriamo in una rinascita e in nuove cure, non tralasciamo la cura. Oltre al vaccino per il corpo, serve il vaccino per il cuore: è la cura. Sarà un buon anno se ci prenderemo cura degli altri…”
Pellegrino in Iraq
E la “cura” per il Papa argentino si è concretizzata nei tre viaggi internazionali, in porzioni di mondo ferite da guerre, povertà, migrazioni. Prima fra tutte, e non solo per ordine cronologico, la visita del 5-8 marzo in Iraq: “il” viaggio del pontificato, il primo di un Papa nella cerniera mediorientale devastata da violenze estremiste e profanazioni jihadiste. Una decisione, annunciata nel dicembre 2020, definita azzardata e rischiosa da più parti per il rischio contagi ma anche per questioni di sicurezza. Il Papa ha però voluto andare fino in fondo e non lasciare deluso il popolo che, vent’anni prima, non era riuscito ad abbracciare Giovanni Paolo II. Tra gente sofferente che lo ha accolto per i quartieri polverosi di Baghdad o le strade sterrate di Qaraqosh, Francesco si è fatto presente come “pellegrino”, incontrando anche il grande ayatollah Ali al-Sistani, figura cardine dell’islam sciita. E da Mosul, scenario in passato di torture ed esecuzioni, ha elevato al cielo un grido contro ogni forma di violenza compiuta in nome di Dio.