Don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio della Pastorale sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo, illustra gli obiettivi del convegno che si è svolto il 19 marzo: “Giovani e Lavoro. Il lavoro per dire l’uomo, l’uomo per dire il lavoro”.
Don Cristiano Re, giovani e lavoro è un tema che torna ciclicamente all’attenzione. Perché?
“Il lavoro, a differenza della pigrizia, è una «vocazione» e la Chiesa ha un ruolo nell’incoraggiare e sostenere quanti, perdendo il lavoro, hanno perso anche la loro dignità. Il lavoro dovrebbe essere l’ambito di un multiforme sviluppo personale, in cui si mettono in gioco molte dimensioni della vita: la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei valori, la comunicazione con gli altri, un atteggiamento di adorazione e proprio in questo orizzonte è importante che l’uomo dica che è, anche con il suo credo e i suoi valori. Il magistero richiama con forza le comunità cristiane a riappropriarsi delle tematiche legate al lavoro perché il lavoro è un passaggio della vita di tutti dentro al quale la fede intercetta la vita. Inoltre la fede istruisce e insegna la vita, e con discrezione e forza insieme ancora oggi ha da dire che la vita dell’uomo può essere vita buona, che il lavoro può e deve essere parte della costruzione della vita buona dell’uomo”.
Il magistero e la Chiesa, anche se il convegno abbraccia e invita associazioni, scuole, industrie…
“Abbiamo in mente le facce delle persone e le loro storie, tante storie di fatica, di preoccupazione, di futuro impossibile. Parlare di vangelo che c’entra con la vita è avere il coraggio di intercettare anche questi aspetti della vita delle persone. Come Chiesa abbiamo un grandissimo bagaglio di storia, di pensiero, di azioni, e proprio per questo dobbiamo rimetterci in gioco laddove la vita dell’uomo è meno vita. Il nostro metterci assieme agli altri, quindi alle istituzioni, associazioni, territori, mondo dell’impresa, associazioni di categoria, parrocchie, territori, è perché assieme e solo assieme nel pensiero, nel discernimento, nelle azioni possiamo restituire al lavoro umano il giusto spazio e il giusto valore. Come Chiesa siamo chiamati a fare la nostra parte per ridire il valore del
lavoro dentro alla nuova forma del lavoro e dell’essere lavoratori”.
Il mondo del lavoro vive profonde trasformazioni anche grazie alle nuove tecnologie che cambiano le relazioni.
“Oggi più che mai ci pare di dover ribadire che il lavoro è veramente umano quando si svolge ‘con e per qualcun altro’, quando si lavora ‘per’. Se l’attività lavorativa è un’attività umana e se l’umano è davvero tale quando è relazione, allora lavoriamo davvero quando il destinatario della nostra attività è qualcun altro. Detto in modo ancora più esplicito, lavoriamo veramente quando la nostra attività riconosce nei suoi passaggi quella connessione umana con la realtà che rende consapevoli rispetto a cosa serve quel pezzettino che faccio io. Che in quel pezzettino io sto dicendo chi sono, cosa sono capace di fare, e in questo sto portando il mio contributo per rendere il mio mondo e quello delle persone a cui voglio bene e quello di tutti gli uomini, un mondo un poco più bello, più accessibile, più godibile, più giusto”.
Fonte Bergamonews.it