Giuseppe ci prepara al Natale – IV Domenica di Avvento

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L’annuncio fatto a Giuseppe. Giuseppe occupa nel vangelo di Luca un posto importante. E’ Lui che darà il nome a Gesù. E’attraverso Giuseppe che Gesù si radica nella stirpe di David anche se questo radicamento è solo a livello giuridico (presso gli ebrei è la legge che conta) “Secondo la carne è nato dalla stirpe di David” (2 lettura). Che è solo giuridico ha un senso: il Cristo ci è donato gratuitamente; non era in potere dell’umanità produrlo; viene da Dio.
Le esitazioni di Giuseppe. Giuseppe vuol ripudiare Maria in segreto. Sono possibili due interpretazioni. Giuseppe dice “questo bambino e di un altro e non posso addossarmi la paternità”” oppure “Questo è un mistero che mi supera; Maria è in un tale rapporto con Dio che devo restarne fuori”. La sensibilità cristiana ha sempre pensato alla seconda possibilità, ma credo che il testo voglia dirci un’ altra cosa: l’accoglienza di Dio nella nostra vita non può essere immediata. Il Cristo è un dono gratuito ma anche l’accoglierlo è una grazia, ci vuole un intervento di Dio. Giovanni scriverà: “Nessuno può venire a me se il Padre che mi ha inviato non lo attira”.
Giuseppe si rivela l’uomo dell’ascolto. Il Vangelo non ci riferisce neppure una parola di Giuseppe. La sua passività ci snerva. Matteo ci dice che è un uomo “giusto”. E’ l’uomo che ci ha preparato l’Antico Testamento: ha piena confidenza nella Parola dell’Altro. Facendo questo non rinuncia alla sua vita (malgrado le apparenze) anzi la realizza perché la Parola di Dio è creatrice di vita. Se prende Maria e il figlio è perché si è già accordato con Lei sul figlio che porta in seno. Giuseppe è già il Nuovo Adamo che non dubita dell’amore di Dio. E’ il “Giusto” dinanzi a Dio. In Giuseppe ci siamo tutti noi: la Parola di Dio non è mai “diretta” è “in sogno”, bisogna scoprirla nella notte della fede.
“Il fanciullo viene dallo Spirito Santo”. Questo passaggio del Vangelo, come quello dell’Annunciazione vuol dirci che Gesù, Colui che “salverà il suo popolo” viene dall’alto, viene da Dio. “Non è nato da sangue , ne da volere di carne, ne da volere di uomo, ma da Dio”(Gv 1,13). Produrre il Cristo, donare la salvezza, donare Dio, divenire “come Dio”(immagine e somiglianza) non è in potere dell’uomo. Il peccato dell’uomo consiste nel volere farsi come Dio, invece essere come Dio non può essere ricevuto che come dono. Questo è il senso profondo della verginità di Maria. Per questo Giuseppe riceve un fanciullo che viene “dal di fuori”. Ogni fanciullo è un dono ma Lui lo è più che tutti gli altri. Per questo Giuseppe appare muto (la Parola viene a Lui e non la produce) e sembra passivo: “Sembra” soltanto perché si sveglia e prende con se la sua sposa. La Parola ha prodotto in Lui il suo frutto.
“Dio con noi”. Gesù è il Dio con noi (l’Emanuele) è la risposta di Dio alla vecchia questione di Israele e alla eterna questione dell’umanità e di ogni uomo., la questione del nostro dubbio, della nostra paura: Dio è veramente con noi o è assente? E’ morto? O è addirittura contro di noi per impedirci di vivere liberamente? Giuseppe, l’uomo giusto accetta la rivelazione che Dio è con noi. Per questo deve farsi accogliere e nient’altro: non si tratta di agire ma di ricevere. Spogliato da tutte le pretese, Giuseppe, deve rinunciare a generare lui stesso un figlio. Il sogno associato al sonno, e dunque alla cessazione dell’attività, significa come nella Genesi 15,12, che l’Alleanza è un dono gratuito. Pertanto al risveglio Giuseppe deve agire: l’accoglienza è un atto della libertà umana. In affetti l’accoglienza non è altro che fede e in questo caso è nello stesso tempo dono di Dio e atto che scegliamo di produrre.

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