introduzione di Fabio Gallo/direttore editoriale/
La questione è semplice: imporre povertà si può anche attraverso l’offerta di una scarsa scolarizzazione che si traduce in una cultura subalterna che a sua volta produce povertà o, mettiamola così, incapacità di creare ricchezza. Sta accadendo qualcosa di straordinario: ce ne stiamo rendendo conto e ciò, bene essere riconoscenti, lo dobbiamo a Papa Francesco e al suo talento naturale di rendere tutte le questioni semplici e comprensibili. E’ sotto lo sguardo di tutti l’estremo divario in termini finanziari di coloro i quali scrivono la letteratura della povertà che sono i ricchi e i poveri veri che sono tutti coloro i quali vengono sfruttati quotidianamente quale risorsa da spremere per tenere a galla più di un governo che di democratico e civile non ha più nulla di riconoscibile.
Evidentemente, Papa Bergoglio che viene dall’altra parte del mondo deve avere già visto questo film seduto in prima fila e sarà per questo motivo, avendo piena contezza di come si evolvono le cose in casi simili, che ha avuto l’opportunità e il coraggio di denunciare quotidianamente ai Giovani del mondo la necessità di ribellarsi, di reagire alla depressione che toglie la speranza di un domani migliore e a non avere paura di “andare controcorrente”.
Proprio per questo suo essere chiaro ha già ricevuto un “allerta”, se pur in ambiente discorsivo, da Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto dell’Antimafia di Reggio Calabria che ha lasciato intendere che Papa Francesco potrebbe correre rischi seri. Oggi a circa un mese da quelle dichiarazione del noto procuratore Antimafia, noto anche per essere tra gli insigniti della “Carta della Pace”, il Financial Times colpisce Papa Francesco. Noi de ILVATICANESE.IT crediamo che le cose non accadano mai a caso e che quando qualcuno vorrebbe far diventare complicato il linguaggio di Papa Francesco che invece è semplice, chiaro e diretto, c’è sempre un motivo che solitamente è volto a sottrargli l’appoggio dell’opinione pubblica mondiale. Si, perché questo Papa è il Papa è Francesco e Francesco è amato da tutti per il suo essere espressione di una Chiesa moderna, certamente in dicotomia con se stessa per molti versi, ma pur voce di chi voce non ha. Dunque, cosa sta accadendo? perché il potente Financial Times aggredisce il Papa?
A questo punto dobbiamo alzare la guardia analizzando la questione perché essa possa essere compresa da tutti noi che siamo in prima linea a combattere insieme a Francesco per una società più giusta. A spiegarci bene il tutto è il Prof. Alessandro Corneli, finissimo analista che ci semplifica il senso di questo attacco tanta spudorato quanto imprudente del Financial Times.
A cura di Alessandro Corneli – grrg.eu/
“Il Papa sbaglia”. Lo ha scritto il Financial Times il 23 dicembre, commentando l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium dello scorso 24 novembre. Il passaggio che il FT cita e che non gli va giù è questo: “Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria” (EG, 56).
Questa ideologia è “la nuova idolatria del denaro” e sta alla base della “dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo” EG, 55).
L’attacco del Papa all’ideologia sottostante alla globalizzazione è frontale e totale, senza compromessi, perché denunzia il nuovo totalitarismo (del capitale) anche grazie alla progressiva negazione del diritto degli Stati di vigilare per la tutela del bene comune. Afferma Papa Francesco: “Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. Inoltre, il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali. La brama del potere e dell’avere non conosce limiti. In questo sistema, che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta” (EG, 56). Che poi arriva al punto che più gli interessa: “Dietro questo atteggiamento si nascondono il rifiuto dell’etica e il rifiuto di Dio” (EG, 57).
Nel lungo documento pontificio le osservazioni, gli spunti e i suggerimenti sono numerosi, ma il FT si limita – con una ben nota tecnica oratoria messa a punto in epoca ellenistica – a confutare, spostando il confronto sul piano globale, la denunzia pontificia della crescente ineguaglianza mettendo sul piatto gli aumenti di redditi in Paesi popolosi come Cina e India, Indonesia e Brasile. Ammette comunque che, nei Paesi occidentali, le classi medie hanno perso terreno, in parte anche a causa della recente crisi finanziaria.
Ci sono poi paragoni tra una generazione e l’altra, tagliati su periodi temporali medi o lunghi che, ovviamente, confortano la tesi del quotidiano finanziario britannico, ma non differiscono molto dalle statistiche che Nikita Kruscev illustrava nel 1957 per sottolineare gli straordinari incrementi della produzione sovietica ed estrapolare la data in cui, settore per settore, l’Urss avrebbe superato gli Usa: sappiamo come è andata a finire.
Contrapporre stizzosamente questi dati evita al FT di rispondere alla vera questione sollevata dal Papa: la filosofia che sta alla base di questo meccanismo economico e che fa aumentare la distanza tra i più ricchi e i più poveri, come ha ammesso recentemente lo stesso Barack Obama, ricordando che mentre in passato i top manager ricevevano un reddito da 20 a 30 volte superiore a quello di un lavoratore medio, adesso è arrivato a 273 volte.
Il pericolo insito in questo allontanamento degli estremi, che numericamente sono molto diversi, poiché il primo riguarda l’1% della popolazione mondiale (settanta milioni di persone tra ricchi e straricchi), il secondo riguarda almeno il 5% (cioè circa 350 milioni di persone largamente al di sotto della soglia di povertà e con tutti i disagi che ne conseguono), è che si consolidi una cultura dell’indifferenza verso i diseredati al punto di non considerarli più esseri umani, ma sottoprodotti, scarti dell’umanità.
Il ragionamento del FT è sbagliato anche dal punto di vista strettamente economico. È vero, come dice, che i due poli della concentrazione della ricchezza e della povertà di allontanano nei Paesi occidentali; è altrettanto vero che aumenta il reddito medio nei Paesi in rapido sviluppo grazie alla globalizzazione. Manca però il collegamento fra questi due dati, e cioè la possibilità o probabilità che anche in questi ultimi Paesi si riproduca, a termine, lo stesso meccanismo di concentrazione già in atto nei Paesi occidentali. Il FT non ha argomenti per sostenere che ciò non avverrà e che, in futuro, la spinta verso la disuguaglianza si invertirà.
Il Papa non entra nel determinismo delle leggi economiche, e men che meno nella loro affidabilità, ma ne denunzia la pretesa autonomia dalla legge morale che, se non ha un garante di ultima istanza, non può che finire nel relativismo dell’egoismo. Anche su questo il FT tace. Eppure, se sul piano finanziario si ammette che la Banca centrale deve essere il garante/prestatore di ultima istanza se non si vuole rischiare che tutto il sistema crolli, sul piano umano e sociale i comportamenti devono ispirarsi a una morale che abbia a sua volta un garante di ultima istanza, altrimenti prevale la “legge del più forte, dove il potente mangia il più debole” (EG, 53).
Il Papa fa seguire la sua ricetta: “Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano” (EG, 58).
Ora, è proprio questo che il FT non vuole. Eppure, nell’ultimo numero di Foreign Affairs (january-february 2014) viene stigmatizzato Alan Greenspan, non perché, di fronte alla crisi comunque esplosa pochi mesi dopo che aveva lasciato la guida della Fed, abbia sostenuto che nessuno l’aveva prevista (FA la confuta con diversi casi), e che sia stata provocata dagli animal spirits e/o dairrational factors, ma perché aveva creduto – profondamente creduto – che il mercato si sarebbe corretto da sé. Esattamente quello che il Papa sostiene pur partendo non da un’analisi tecnica ma da un’analisi teologica. E non solo lui perché, negli stessi giorni, nella predica di Natale, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, dal 10 gennaio 2013 primate d’Inghilterra e capo spirituale della Comunione Anglicana a livello mondiale, si è scagliato contro l’avidità, la sperequazione economica e l’ingiustizia sociale. Non si tratta di un orecchiante: alcune delle sue pubblicazioni analizzano il rapporto tra finanza e religione e, come membro della Camera dei Lord, ha fatto parte della Commissione Parlamentare 2012 sulla Banking Standards. Quasi con le stesse parole di Papa Francesco, ha detto: “i Cristiani, come redentori del debole e del povero, devono agire per servire e amare il povero e anche per contrastare le cause della povertà”.
L’attacco del FT al capo della Chiesa cattolica, oltre che stizzoso, disegna una strategia sottile: rappresenta il tentativo di ridimensionare il Pontefice romano a difensore della classe media dell’Occidente (che soffre) per chiudergli gli spazi nel resto del mondo dove il capitale si muove liberamente alla ricerca dei maggiori profitti, puntando sulla tendenziale scristianizzazione dello stesso Occidente. Questo potrebbe essere il suo errore strategico poiché questo Papa sta infrangendo i confini (e i limiti) a destra e a sinistra della Chiesa, parlando un linguaggio universale il cui punto di riferimento è il “Dio misericordioso”.