Il Vaticanese

“Dio dorme” (XII Dom. del T.O.)

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S.E. l'Arcivescovo Mons. Giuseppe Mani

a cura di S.E. l’Arcivescovo Mons. Giuseppe Mani/

In alto mare durante la tempesta si ha la sensazione che la natura ci sovrasti. I marinai mi hanno insegnato a non dare confidenza al mare.
Gesù era stanco, e appena salito sulla barca si addormenta. Gli apostoli hanno paura per se e per Lui: “Andiamo a fondo!”. La barca simboleggia la Chiesa che deve affrontare le potenze della morte e a cui viene detto che queste potenze non prevarranno contro di essa, ma ecco che questo guscio impermeabile comincia a prendere acqua tanto che “ormai era piena”. Parafrasiamo: la frequenza alla Messa domenicale è in forte calo, le famiglie si dividono, i seminari si svuotano. La fede cristiana perde terreno.
Ancora peggio: l’ambizione, la cupidigia, l’orgoglio, l’invidia, la mutua intolleranza e la pretesa di giudicare i fratelli; tutto questo è ben evidente nel popolo di Dio. La barca fa acqua da tutte le parti.
I discepoli esclamano: “Siamo perduti!”. E Dio cosa fa? Dorme. Allora gli insensati hanno ragione quando dicono: “Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non se ne cura” (Salmo 94).
Il sonno di Gesù sconcerta i discepoli, e noi con loro.
Abbiamo mille modi per dire a Dio: “Perché dormi?”. Ecco la prova della fede: scoprire l’Onnipotente sotto l’aspetto della debolezza, il Maestro nella veste del servitore, il Salvatore nei tratti di Cristo che dorme e sembra non sentire, la sovrana attività creatrice sotto le apparenze di una totale inattività.
I discepoli svegliano Gesù, ed Egli interviene. Lui non ha paura.
E’ l’immagine di quanto avverrà nella Pasqua. Questo risveglio di Cristo richiama la Resurrezione. Le tempeste di oggi continuano a battersi sulla Chiesa, e rinasce l’eterna questione: “Dio è con noi?”. L’evangelista risponde raccontando il miracolo. Bisogna essere ciechi per non accorgersi che il prodigio che avviene su quella barca si rinnova ad ogni generazione di cristiani.
Eppure è facile dubitare della Chiesa, della sua sopravvivenza e della sua capacità di trasmettere il messaggio del Vangelo. E quante tempeste anche nelle nostre vite: abbandoni affettivi, fallimenti economici, tradimenti di ogni specie, l’avvicinarsi della vecchiaia e della morte.
Giobbe sopportò ogni avversità negli averi, negli affetti e nella salute. Il mare che si agita nella nostra vita che cosa porta via? Tutte le cose vecchie, quelle destinate alla morte; così il male è utilizzato e nobilitato per far posto alle cose nuove.
Le tempeste esistono per purificarci continuamente dalle cose che non sono eterne, poiché con Cristo “le cose vecchie sono passate, ne sono nate di nuove”.
Il mondo va guardato con fede, il mondo è retto dall’Amore.

Buona Domenica

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