La comunione fraterna presbiterale è, come una conversione, una meta che impegna la responsabilità di ciascuno e segna la vita delle comunità cristiane. Segna in particolare, ed al sommo dell’attenzione, la vita di dedizione pastorale verso i più poveri, i più deboli a cui restituire le sembianze del volto di Cristo per amarli nello spirito della solidarietà evangelica. Alla Chiesa di Roma i poveri chiedono tanto perché sono tanti. Gesù sarà sempre il modello dell’umanità, in primo luogo per l’umanità del sacerdote che ormai non trova più scarto tra la sua umanità ed il suo modo di essere sacerdote e non mostra mai una altera sufficienza di sé. Non deve esistere un ruolo di cui si è prigionieri. Per questo la verità dell’essere uomo e presbitero si coglie e si sensibilizza nella fedele accoglienza della Parola divina, in tutte le forme vissute e celebrate dei Sacramenti della fede, in tutta la vita spirituale coltivata. Per sintetizzare al meglio l’orizzonte e la fisionomia del prete romano e diocesano, così scriveva un grande prete romano, don Giuseppe De Luca: “Darsi per intero e per sempre a tutti, o anche soltanto (se occorre) per una sola anima, senza rivolger indietro per noi in contraccambio nulla, fuorchè l’anima (e scusate se è poco), a riflettervi bene, questo è un destino da angeli”. Altri preti romani, tipici, e vicini a noi, sono richiamati alla memoria dal Cardinale Vallini: don Pirro Scavizzi, don Oreste Borgia, don Umberto Terenzi, don Giuseppe Canovai, don Pier Carlo Landucci, don Luigi Di Liegro, don Andrea Santoro ed i Vescovi Rovigatti, Giaquinta e Riva. Sono essi una significativa serie di testimoni, ancora ricordati ed amati, che rammentano quella seria tradizione di preti fortemente radicati nel proprio territorio e nel proprio ministero parrocchiale, vicino al cuore più popolare della gente, con la più grande umanità. Esiste pertanto una formazione costante o permanente come compito esigente, fatto proprio, da portare avanti in modo profondo ed arricchente per essere evangelizzatore all’altezza dei tempi che storicamente viviamo con pienezza; è un capitolo impegnativo che induce il presbiterio a ritrovarsi anche in una unità culturale. All’altezza del suo compito di servizio, il sacerdote sarà sempre lieto e sereno perché non sarà solo, ma sarà uomo di Dio e della Chiesa: questo augurio finale suona come incoraggiamento e soprattutto rivela il dinamismo vivo della missione del prete cattolico. Il volume presenta tracce sintetiche ma forti e logiche del cammino del presbiterio della Diocesi di Roma e per tale motivo questo studio e questo lavoro sono anche un dono di scambio fraterno per la condivisione con altri sacerdoti, altri presbitèri, altre comunità. Per tale contenuto e per questo sguardo di vigore formativo ai suoi sacerdoti, il Papa ha voluto personalmente consegnare il volume nelle mani di alcuni sacerdoti, rappresentanti di tutto il presbiterio, in occasione dell’Udienza particolare d’inizio della Quaresima.
don Renzo Giuliano