Il Vaticanese

Arte e Musica non sono un ornamento funzionale

Musica Sacra - Giovanni Pierluigi da Palestrina su IL VATICANESE.IT

MACAO – In questi giorni vado molto riflettendo sul rapporto tra Chiesa cattolica e arte in generale, chiesa Cattolica e musica nello specifico. In alcuni miei precedenti interventi sono stato molto critico sull’approccio attuale a questi problemi da parte di alcuni nella Chiesa cattolica. Ora, riprendendo un interessante studio pertinente alle discipline della psicologia e pubblicato nel 2008 (Koo M., Algoe S. B., Wilson T. D., Gilbert T. D. 2008), vorrei fare un piccolo esercizio di “incoraggiamento positivo”, cioè vorrei ragionare un momento su cosa sarebbe successo nella nostra storia artistica e musicale se non ci fosse stata la positiva azione a favore dell’arte della Chiesa cattolica.

Questo ci permetterà di capire che cosa in effetti ci sta mancando ora e perché le cose erano diverse fino ad alcuni decenni fa. Se pensiamo soltanto all’Italia, sappiamo che essa da sola possiede il 60% circa del patrimonio artistico mondiale, secondo alcune stime. Ora, non devo ovviamente precisare che ben oltre la metà di questa percentuale è costituita da opere specificamente fatte per uso religioso o liturgico. In questa stima non è compresa la produzione musicale, ma solo chi voglia rimanere ignorante può dimenticare l’enorme produzione, talvolta di livello artistico elevatissimo, di creazioni musicali per la liturgia o per fini comunque religiosi. Nella sua lettera agli artisti Giovanni Paolo II affermava chiaramente questo legame addirittura inscindibile:

“Con questo scritto intendo mettermi sulla strada di quel fecondo colloquio della Chiesa con gli artisti che in duemila anni di storia non si è mai interrotto, e si prospetta ancora ricco di futuro alle soglie del terzo millennio. In realtà si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o da motivi funzionali, ma radicato nell’essenza stessa sia dell’esperienza religiosa che della creazione artistica” (1999, 1).

Sono parole impegnative quelle del Papa, che lasciano intravedere, se si legge dietro le affermazioni improntate all’ottimismo (“ricco di futuro alle soglie del terzo millennio….”), la distanza fra le intenzioni e la realtà. Ma sono parole vere, che affermano qualcosa che è veramente importante: se il legame tra Chiesa e arte, Chiesa e musica, si rompe, è segno di una crisi grave, dalle conseguenze nefaste.

Ma alcuni obietteranno: ma c’è ancora arte, c’è ancora musica….c’è, certamente, talvolta giusto perché si canti qualcosa, cioè ha una valenza puramente funzionale, ma non e’ musica che ci può far andare a quell’essenza richiamata da Giovanni Paolo II. Per questa bisogna che nella musica si senta la sofferenza della creazione, il lavorio dell’artigiano, lo scavo introspettivo; serve la qualità, non solo la quantità (vorrei anche rimandare al mio precedente scritto su forma e contenuto per valutazioni su questo tema delicato). Anche qui devo rimarcare come questo possa essere accettato grazie al calo drammatico di interesse verso la produzione artistica e musicale da parte di molti nelle gerarchie. Nessuno di noi accetterebbe di vivere in situazioni puramente funzionali se potessimo evitarlo (cerchiamo eleganza nelle nostre case, nei nostri telefonini, nei nostri computer); ma in Chiesa viene ora accettato tutto senza particolari patemi d’animo. E’ una crisi che ha alla radice vari motivi, spesso secolari.

Ma cosa sarebbe la nostra civiltà senza l’attività in favore dell’arte e della musica fatta dalla Chiesa cattolica? Cosa saremmo senza San Pietro in Vaticano, la Cappella Sistina, la Cappella degli Scrovegni, la Missa Papae Marcelli, il Sicut Cervus, la Cappella Contarelli, Notre Dame, la Pietà e centinaia di migliaia di altri esempi sparsi per il mondo che hanno forgiato la nostra grammatica dell’anima, credenti o atei che siamo? Musiche e creazioni artistiche che ci hanno insegnato non solo a guardare ma anche a vedere (“veda” è parola sanscrita che indica conoscenza), non solo ad ascoltare ma anche a sentire (nella pregnanza latina della parola). Ecco perché l’arte e la musica sono così importanti, esse scrivono nel libro segreto della nostra anima quel codice genetico fatto di ciò che ci fa essere ciò che siamo, il nostro modo di essere nel mondo, il nostro modo di dare un senso a quello che ci circonda.

La Chiesa aveva capito che c’è un modo molto semplice di predicare, e anche molto efficace: attraverso la bellezza. Che cos’è la bellezza? La risposta non è semplice e non lo può essere, perché la bellezza coincide con le verità supreme: Dio è bellezza. E ha voluto offrirci una immagine di questa bellezza, Gesù Cristo, che ha sofferto, gioito, cantato in mezzo a noi. La Chiesa ha sempre compreso che arte e musica non sono un ornamento funzionale, aveva capito che se vuoi avere le menti devi parlare ai cuori, perché non siamo esseri puramente razionali, ma siamo deboli e impastati di lacrime, sudore, risate, allegria e tutto ciò che ci fa essere umani. L’uomo integrale, come diceva Paolo VI, è la strada che è sempre stata percorsa dalla Chiesa attraverso l’arte e la musica. Quando si capirà ancora questo e si ricomincerà a trattare gli artisti e i musicisti come meritano, forse si riscriveranno altre pagine della nostra storia e cultura che i nostri figli e pronipoti si preoccuperanno di tramandare.

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

– Giovanni Paolo II (1999). Lettera agli artisti.

– Koo M., Algoe S. B., Wilson T. D., Gilbert T. D. (2008). It’s a Wonderful Life: Mentally Subtracting Positive Events Improve People’s Affective States, Contrary to Their Affective Forecasts. Journal of Personality and Social Psychology. 95 (5), 1217-1224.

 

*Aurelio Porfiri vive a Macao ed è sposato, con un figlio. E’ professore associato di musica liturgica e direzione di coro e coordinatore per l’intero programma musicale presso la University of Saint Joseph a Macao (Cina). Sempre a Macao collabora con il Polytechnic Institute, la Santa Rosa de Lima e il Fatima School; insegna inoltre allo Shanghai Conservatory of Music (Cina). Da anni scrive per varie riviste tra cui: L’Emanuele, la Nuova Alleanza, Liturgia, La Vita in Cristo e nella Chiesa. E’ socio del Centro Azione Liturgica (CAL) e dell’Associazione Professori di Liturgia (APL). Sta completando un Dottorato in Storia. Come compositore ha al suo attivo Oratori, Messe, Mottetti e canti liturgici in latino, italiano ed inglese. Ha pubblicato al momento quattro libri, l’ultimo edito dalle edizioni san Paolo intitolato “Abisso di Luce”.

di Aurelio Porfiri*ZENIT

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