di Maria Luisa Coppola
L’onore della donna innanzi a donne maltrattate, oltraggiate, uccise con una brutalità selvaggia: è triste storia di tutti i giorni, quasi un’epidemia che dilaga in ogni paese, in ogni regione. E’ stato coniato il sostantivo “femminicidio” ad indicare che la femmina –altro da maschio- è un oggetto nelle mani dell’assassino che si libera della sua presenza fastidiosa. Che brutti tempi viviamo! Il rispetto dell’alterità e della diversità solo teorico, l’indifferenza nei rapporti interpersonali una costante, mentre si crede che la globalizzazione abbia unito, in realtà l’umanizzazione è stata infangata dalla violenza gratuita. Una donna come una Barbie: si acquista, si usa, si smonta e si getta con disprezzo dei sentimenti ed il tanto urlato e conclamato amore diventa una trappola di schiavitù che imprigiona le vittime ad opera di malvagi disturbati psichicamente. Altri tempi si favoleggiano, quando si raccomandava di non sfiorare nemmeno con un fiore la donna, che gli uomini da cavalieri avessero comportamenti galanti ed educati, quando la mater familias era una rispettabile signora, vestale della casa. A furia di considerare le veline e le attricette icone del nostro tempo, mettiamo sotto silenzio le donne che con intelligenza e tenacia compiono il loro dovere nelle professioni e nelle arti, in politica come nelle aziende, dimentichiamo rapidamente il sacrificio di chi lotta per la libertà come Aung San Suu Kyi in Birmania, premio Nobel per la pace, il martirio di missionarie laiche come Annalena Tonelli, il tenace studio delle donne teologhe e l’apostolato delle crocerossine…e la lista è lunga di donne-donne valenti, coraggiose ed altruiste. Ben affermava nella lettera apostolica il S.Padre Giovanni Paolo II “De mulieris dignitate”: «Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. E’ per questo che, in un momento in cui l’umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere». “C’è un proverbio orientale che dice: “Sei in una notte nera, su una pietra nera, c’è una formica nera, Dio la vede e la ama”. Piacque tanto a Marta, che se lo trascrisse su un taccuino. Marta lavora in una grande fabbrica di scarpe del Nord. Ogni tanto viene a Molfetta per trovare sua madre che vive in un cronicario e il fratello più piccolo rinchiuso nel supercarcere di Trani. Un giorno mi disse che non ce la faceva più. Non per i soldi. Di quelli, anzi, gliene avanzavano. Ma per la qualità della vita che il destino le aveva imposto. Costretta a bullonare tomaie tutto il giorno, lei che si era diplomata al liceo artistico col massimo dei voti, si sentiva solo una scheda perforata. Un numero di matricola. Una donna senza volto, meno valida della busta paga che riceveva il 27 di ogni mese. Non aveva neppure trent’anni, ma le pareva di essere più vecchia di sua madre.
Anche sua madre, del resto, era una cifra. Un cartellino collocato sulla carrozzella, sospinta nell’incrocio di altre cinquanta carrozzelle dell’ospizio.” Così il grande Vescovo don Tonino Bello raccontava invitando i cattolici a sostenere il valore della vita e la dignità delle donne. Un impegno che noi laici cristiani dobbiamo manifestare appieno e in ogni dove.
Maria Luisa Coppola
Fonte, Serraclubitalia.it.