A cura di Massimo Donaddio. Quando uscì, a fine 2010, il libro-intervista di Papa Benedetto XVI con il giornalista bavarese Peter Seewald, intitolato Luce del mondo, la maggior parte dei media e degli opinionisti si catapultarono a sottolineare quelle che sembravano aperture di Joseph Ratzinger all’uso del profilattico in determinate situazioni. Ne nacque un dibattito anche tra teologi e studiosi, fino a quando si registrò anche una presa di posizione ufficiale da parte vaticana, che ribadiva come la dottrina cattolica ufficiale non cambiasse di un millimetro. Ancora una volta, come nel caso del viaggio del Papa in Africa, ci si concentrò esclusivamente su quello che Benedetto XVI dice in una paginetta del libro, omettendo tutto il resto. Ma si sa, i tempi della cronaca sono rapidi, anzi fulminei, e si raccoglie quello che si riesce. A bocce ferme, dopo qualche tempo, riprendiamo in mano questa conversazione con il Pontefice, diventata nel frattempo (e c’era da immaginarselo) un volume di successo, pluritradotto (con qualche difficoltà), e che, già nell’andamento dialogico, dice molto di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Innanzitutto per la chiarezza e la semplicità, pur nella consueta profondità, delle parole del Papa, che in un fitto e immediato dialogo con Seewald non si sottrae agli argomenti anche più spinosi che coinvolgono il mondo e la vita della Chiesa nel contesto attuale. Poi per una sorta di “ordinarietà”, di naturalezza, verrebbe da dire quasi di umiltà e dolcezza che caratterizzano la personalità di Joseph Ratzinger, così come emerge anche da questo ultimo libro, e contrariamente a una certa immagine di lui cristallizzata e non veritiera. Molte, nel libro, sono le testimonianze di questo atteggiamento mentale e spirituale di Benedetto XVI: «Essere Papa non significa porsi come un sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso, ed essere disposto ad accettare il proprio ministero anche in questa forma, in unione a Lui».
Joseph Ratzinger ha piena consapevolezza che la testimonianza cristiana nel mondo trova spesso opposizioni anche potenti (e cita il nazismo, ma anche una certa cultura contestatrice “sessantottina”), eppure resta convinto e vuole mostrare a tutti che il cristianesimo è fonte di gioia e allarga gli orizzonti, anche in un contesto secolarizzato e apparentemente avverso, come quello europeo attuale. Il Papa, con incredibile modestia, afferma di considerarsi «piccolo» rispetto a un «gigante» come il suo predecessore Giovanni Paolo II, ma mai carente di fiducia in quel Dio che è la fonte suprema della sua forza e della sua missione spirituale e pastorale.
Chiarissimo il suo programma: il Pontefice ha il dovere di battersi ovunque per il rispetto dei diritti umani (poiché ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio e ha una vocazione divina), per la libertà, contro ogni forma di guerra e violenza, a favore della salvaguardia della terra. Che piaccia o meno, questa è la sua missione, e ancor di più quella di cercare di rendere presente Dio all’uomo di oggi, di aprire a quest’uomo l’accesso al divino e alla speranza. Una missione che non ha risparmiato a Ratzinger dolore personale, contestazioni, carichi di responsabilità e sofferenze, soprattutto a causa dello scandalo dei preti pedofili, un problema che è venuto alla luce in tutta la sua violenza negli ultimi anni, ma di cui il cardinale Ratzinger si era già occupato da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e per il quale aveva avuto parole di condanna nei testi preparati per la Via Crucis al Colosseo nell’anno 2005.
Anche in questo caso Benedetto XVI ha le idee chiare e le espone precisando che la Chiesa ha mancato, negli ultimi decenni, di punire adeguatamente i religiosi che si erano macchiati di un simile crimine. «Oggi – dice il Papa con severità – dobbiamo imparare che l’amore per il peccatore e l’amore per la vittima stanno nel giusto equilibrio per il fatto che io punisco il peccatore nella forma possibile e appropriata». L’amore vero, prosegue il Papa, non è solo gentilezza e cortesia, ma amore nella verità. Ratzinger offre quindi una vera road map per gestire le situazioni di abusi, illustrando quella che è la modalità operativa del suo pontificato nella fattispecie: prima di tutto prendersi cura delle vittime e stare al loro fianco per aiutarle a guarire; fare adeguata prevenzione nella scelta dei candidati al sacerdozio (evitando quelli palesemente omosessuali, cosa che ha suscitato scandalo e proteste); punire i colpevoli e impedire loro che si trovino in condizione di reiterare i misfatti. «Quello che non deve mai accadere – continua il Papa – è che si fugga e si faccia finta di non vedere». E da qui, da questo particolare e sofferto Anno Sacerdotale, la Chiesa di Benedetto XVI vuole ripartire sulle note della purificazione, della penitenza, del rinnovamento interiore. Papa Ratzinger conferma che anche il male fa parte del mistero della Chiesa, che però può contare sull’aiuto di Cristo, senza il quale «la Chiesa sarebbe già affondata da un pezzo».
Ma i problemi non sono solo dentro la comunità ecclesiale. Anche il galoppante secolarismo, il laicismo e il relativismo preoccupano Papa Ratzinger, così come la diffusione della droga e una sessualità vissuta in maniera disordinata. La testimonianza cristiana sulla scena pubblica e politica nel mondo occidentale non sembra all’altezza di quello che è richiesto. Per contro, grandi speranze provengono al Papa dai continenti africano e sudamericano, cuori pulsanti della Chiesa cattolica del futuro.
Cercare Dio, fare esperienza di Lui, rimetterlo al primo posto: questa, per il Pontefice, è la mossa, la strada per una vera conversione e per un nuovo umanesimo. «La cosa importante, oggi, – sottolinea il Papa – è che si veda di nuovo che Dio c’è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può anche essere razionale quanto si vuole, ma l’uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità; e così crolla l’essenziale».
Intorno alla Chiesa si muovono, inoltre, altri attori come l’Ortodossia (con il Papa che esprime ottimismo per un possibile incontro con il patriarca di Mosca Kirill) e l’Islam, che Benedetto XVI ha sfidato al dialogo basato sulla ragione, sulla libertà e sulla rinuncia completa alla prevaricazione violenta. Ma, soprattutto, l’agenda del Papa si deve comporre intorno alle urgenze e alle necessità del popolo cristiano: come esprimere le verità di fede in maniera comprensibile all’uomo di oggi, come aiutarlo a riconcepire concetti ormai rimossi. Ecco, tutto questo è terreno di quella “nuova evangelizzazione” di cui sentiva la necessità anche Giovanni Paolo II e che parimenti è nel cuore di Papa Benedetto. Grande ruolo in quest’opera è assegnato ai sacerdoti (per i quali il Pontefice consiglia la vita comunitaria) quali amministratori dei sacramenti e soprattutto dell’Eucaristia, il momento in cui Cristo si fa presente nella sua Chiesa più intensamente. E poi ai fedeli, magari ridotti di numero in Europa, ma dediti alla causa del Vangelo, nutriti della Sacra Scrittura e convinti che il «Gesù creduto è veramente il Gesù storico, e che la figura di Gesù, così come la mostrano i Vangeli, è molto più realistica e credibile delle tante altre rappresentazioni di Gesù che di continuo ci vengono presentate». E qui il Papa si riferisce alle polemiche e alla ricostruzioni storiche di numerosi studiosi e scrittori che cercano di demolire gli stessi fondamenti storici della fede cristiana in un’azione dall’ormai forte impatto mediatico sull’opinione pubblica occidentale. Presentare la corretta immagine di Cristo così come ce la consegna la tradizione credente della Chiesa è un altro fronte dell’impegno di Papa Ratzinger, di cui dà testimonianza il suo libro su Gesù di Nazareth, la cui seconda parte è pronta per essere pubblicata il prossimo mese.
Sole 24 Ore
Benedetto XVI
Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi
Libreria Editrice Vaticana, pagg. 280, €19,50