a cura di Mons. Giuseppe Mani/
In questa Settimana Santa passiamo dalla morte alla vita. Dio ci ha afferrato e lanciato nella vita nuova. Gesù è stato annientato fino alla morte sulla Croce e per questo Dio lo ha esaltato. Con vero tratto di genio la liturgia delle Palme ci presenta due vangeli: l’entrata di Gesù a Gerusalemme e il Vangelo della passione di Cristo da cui sorge la luce della festa delle Palme.
Gesù non è “Colui che viene nel nome del Signore”, il Figlio di David che viene a Gerusalemme? Non è il condannato a morte senza altro motivo che quello di essere il Re d’Israele? Alla luce di questa festa riconosciamo che la croce è il suo trono, la corona non è d’oro ma di spine. Egli è veramente Re non alla maniera mortale degli uomini, ma alla maniera vivificante dell’Amore che è Dio.
La questione centrale che si pone la liturgia è quella del sommo sacerdote “Sei tu il Messia, il Figlio di Dio benedetto?” (Mc 14,61), “Si,- risponde la folla di Gerusalemme, rami in mano – Egli è il Messia il Figlio di David.” Ma Gesù risponde a Pilato in maniera più enigmatica : “Sei tu re? Sei tu che lo dici?” Poi Gesù cessa di rispondere per cui Pilato, forte del suo potere “resta stupito”.
Isaia aveva detto che Dio non può che benedire il giusto e proteggere la sua sofferenza. Ma allora cosa ne è di Giobbe e di tutti gli anonimi sofferenti della terra? Isaia riconosce allora la figura del Messia come il servo sofferente “che presenta il dorso ai flagellatori e la faccia a coloro che gli strappano la barba”.L’uomo non può salvare se stesso dal male di cui la figura più evidente è la violenza distruttrice. Come il silenzio di Gesù ,il servo sofferente di Isaia rinvia all’enigma del Messia che ci obbliga ad una confessione di fede.
L’enigma del Messia. Il Messia non è un re che libera dal male il suo popolo in maniera esteriore e magica. Gesù svolge la sua missione riconoscendosi nella figura del Figlio dell’uomo che è venuto per servire e non per essere servito e donare la sua vita in riscatto di molti.” E’ la scelta che Gesù fa nella sua passione rispondendo al Sommo Sacerdote “Io sono il Cristo e voi vedrete il Figlio dell’uomo sedere alla destra della potenza e venire sulle nubi del cielo” Il titolo di “Figlio dell’uomo” che Daniele dacriveva nella pienezza della sua potenza è assunto da Gesù nella pienezza della sua debolezza e della sua umiliazione.
La Croce è veramente il trono. Il cartiglio indica che Lui è “il re dei Giudei”. Ma sappiamo ,nella fede , che la sua regalità non è alla maniera del mondo, ma una regalità di servizio e di amore che sola può salvare gli uomini dal fascino del male e della violenza. Questa realtà è espressa per la prima volta da un pagano, il centurione, “veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”. La luce dell’amore illumina la passione; fuoco vivo sotto la cenere del mondo scatenato a distruggere e a dare la morte.