Ultima tappa della visita di Papa Francesco in Molise. Francesco indice l’Anno Giubilare in onore di Celestino V, il Papa della Perdonanza, Pontefice dimissionario che testimoniò che la misericordia “non è un palliativo spirituale, ma profezia di un mondo nuovo”. Si conclude con una straordinaria coincidenza storica la visita di Papa Francesco in Molise. L’ultima tappa del viaggio del Papa è Isernia, dove, 800 anni fa, nacque Pietro del Morrone, eletto il 5 luglio 1294 con il nome di Celestino V, e passato alla storia il Papa del “gran rifiuto”, il primo e unico, fino a Benedetto XVI, ad aver rinunciato al Soglio di Pietro. E ora è un Papa la cui elezione al soglio Pontificio è scaturita dalla rinuncia del suo predecessore ad indìre oggi, dopo secoli, l’Anno Giubilare Celestiniano.
Proprio a partire dalla figura del Pontefice canonizzato nel 1313, si snoda il discorso di Bergoglio alla cittadinanza riunita numerosa nella piazza della Cattedrale di Isernia. “C’è un’idea forte che mi ha colpito pensando all’eredità di san Celestino V – dice dal grande palco allestito per il suo arrivo -. Lui, come san Francesco di Assisi, ha avuto un senso fortissimo della misericordia di Dio, e del fatto che la misericordia di Dio rinnova il mondo”.
Come il Poverello d’Assisi – prosegue il Papa – Pietro del Morrone “conoscevano bene la società del loro tempo, con le sue grandi povertà. Erano molto vicini alla gente, al popolo. Avevano la stessa compassione di Gesù verso tante persone affaticate e oppresse; ma non si limitavano a dispensare buoni consigli, o pietose consolazioni”. Loro “per primi hanno fatto una scelta di vita controcorrente, hanno scelto di affidarsi alla Provvidenza del Padre, non solo come ascesi personale, ma come testimonianza profetica di una Paternità e di una fraternità, che sono il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo”.
Ed è questo l’aspetto dei due Santi che colpisce maggiormente Bergoglio: “la loro compassione forte per la gente”, “il bisogno di dare al popolo la cosa più grande: la misericordia del Padre, il perdono”. Perché la misericordia – spiega Francesco –, come l’indulgenza e la remissione dei debiti, “non è solo qualcosa di devozionale, di intimo, un palliativo spirituale”. È “la profezia di un mondo nuovo in cui i beni della terra e del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la condivisione sono la conseguenza concreta della fraternità”.
È in questo “progetto di vita” che si racchiude “il senso di una nuova cittadinanza”, dice il Papa, che traspare fortemente dalla piazza davanti alla Cattedrale, da dove “ci parla la memoria di san Pietro del Morrone Celestino V”. Ed è questo il senso “attualissimo” dell’Anno giubilare Celestiniano, durante il quale – dice Francesco – “sarà spalancata per tutti la porta della divina misericordia”.
Una porta che però non è una via di fuga, precisa il Papa, “non è un’evasione dalla realtà e dai suoi problemi”, bensì “la risposta che viene dal Vangelo”, ovvero “l’amore come forza di purificazione delle coscienze, forza di rinnovamento dei rapporti sociali, forza di progettazione per un’economia diversa, che pone al centro la persona, il lavoro, la famiglia, piuttosto che il denaro e il profitto”.
Una strada che certo non corrisponde a quella del mondo. E i cristiani di questo ne sono consapevoli, perché “non siamo dei sognatori, degli illusi – osserva Bergoglio – né vogliamo creare oasi fuori dal mondo”. Piuttosto crediamo che “questa strada è quella buona per tutti, è la strada che veramente ci avvicina alla giustizia e alla pace”.
Sappiamo, allo stesso tempo anche di essere “peccatori”, rimarca il Pontefice, e di essere “per primi sempre tentati di non seguire questa strada e di conformarci alla mentalità del mondo”. Per questo è necessario affidarsi alla misericordia di Dio, e impegnarsi “a compiere con la sua grazia frutti di conversione e opere di misericordia”. “Convertirsi e fare opere di misericordia: questa è la musica di quest’anno Giubilare Celestiniano”, conclude il Papa.
Tra gli applausi e l’emozione generale, apre quindi l’Anno Giubilare Celestiniano, in un luogo simbolico come la piazza della Cattedrale. Simbolico perché – spiega – “la piazza è il luogo dove ci incontriamo come cittadini”, mentre la cattedrale quello dove “ci incontriamo con Dio, ascoltiamo la sua Parola, per vivere da fratelli”. Un simbolo, quindi, che “nel cristianesimo non c’è contrapposizione tra sacro e profano”.
Dopo la recita del Padre Nostro, il Santo Padre benedice la folla e saluta i fedeli più vicini al palco che intanto intonano canti in suo onore. Si trasferisce poi in auto alla Caserma dei Vigili del Fuoco, da dove, alle 19.30, decolla in elicottero per rientrare in Vaticano, soddisfatto per questa splendida quarta visita in una regione italiana.
Fonte: www.zenit.org. Servizio di Salvatore Cernuzio.